Prefetto Manganelli a luglio dell’anno scorso, Lei si insediava come Capo della Polizia, ci può fare un bilancio di questo anno di lavoro?

Per chi, come me, ha trascorso tutta la sua carriera di funzionario di polizia impegnandosi senza sosta nel perseguimento della legalità, della giustizia e della sicurezza dei cittadini, la nomina a Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza non ha rappresentato un punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova sfida.

In questi primi dodici mesi, tanto impegnativi quanto prodighi di soddisfazioni, il mio primo impegno quotidiano è stato rivolto al miglioramento dell’organizzazione e dell’efficienza delle nostre strutture e, soprattutto, a valorizzare al massimo la professionalità della nostra risorsa più preziosa: gli oltre centomila uomini e donne della Polizia di Stato. Sul piano operativo, nell’ultimo anno abbiamo conseguito importanti successi su tutti i fronti che ci vedono impegnati a garantire la sicurezza dei cittadini: dalla lotta alla criminalità organizzata, con la cattura di pericolosi latitanti; all’attività antiterrorismo, che ci impone di tenere sempre alta la guardia sia sotto il profilo investigativo che dell’intelligence; dall’ordine pubblico fino al contrasto dell’immigrazione clandestina e dei fenomeni delittuosi ad essa connessi, che se non adeguatamente contrastati rischiano di ingenerare nei cittadini una diffusa percezione di insicurezza e di innescare preoccupanti fenomeni di intolleranza.

La Polizia di Stato è impegnata nella lotta al crimine a 360 gradi, ma a fare la parte del leone è la criminalità organizzata, dopo i tanti successi investigativi ottenuti, può farci una mappa della situazione indicando priorità d’intervento in base alla potenzialità criminale di queste organizzazioni?

Per esperienza personale, essendomene occupato a lungo in “prima linea”, so bene che per essere realmente efficace la lotta alla criminalità organizzata non consente pause né cali di tensione. L’impegno, quindi, deve essere massimo ed incessante in tutte le aree del Paese nelle quali si registra la presenza di gruppi mafiosi. In Sicilia, i durissimi colpi inferti a “Cosa Nostra” con la cattura di alcuni dei suoi boss più carismatici ed influenti se da un lato hanno sicuramente indebolito la struttura ed il prestigio dell’organizzazione, dall’altro hanno accelerato il suo processo di “svecchiamento”. Sono certo, tuttavia, che i nostri straordinari investigatori, lungi dal riposare sugli allori, sapranno individuare e neutralizzare con altrettanta efficacia anche la nuova leadership mafiosa. La lotta alla ’ndrangheta è un’altra delle nostre priorità assolute. Dopo la strage di Duisburg dello scorso agosto abbiamo ulteriormente intensificato sia l’azione di contrasto in Calabria che la cooperazione internazionale, che è uno degli strumenti essenziali per colpire al cuore la struttura e gli affari illeciti di un’organizzazione tanto radicata sul territorio di provenienza quanto sempre più protesa sugli scenari dei grandi traffici transnazionali. Con il Capo del B.K.A., la polizia federale tedesca, abbiamo varato un innovativo progetto di collaborazione che prevede l’impiego di squadre investigative congiunte, ed è di questi giorni la notizia che il Governo statunitense, d’intesa con le nostre autorità, ha inserito la ’ndrangheta nella lista delle organizzazioni criminali più pericolose, aprendo così nuovi scenari di collaborazione investigativa per il contrasto ai traffici ed agli affari illeciti dei clan calabresi nel mondo. Negli ultimi mesi, abbiamo registrato una particolare recrudescenza della violenza di stampo camorristico in determinate aree della Campania. In occasione della Festa della Polizia, mi sono personalmente recato a Casal di Principe per riaffermare, con la mia presenza, l’impegno e la determinazione delle Istituzioni nella lotta alla criminalità. Ma non si è trattato di una testimonianza simbolica: nei giorni scorsi, infatti, a Casale abbiamo costituito a tempo di record uno speciale nucleo investigativo ed abbiamo messo in campo ulteriori risorse e mezzi per il potenziamento del controllo del territorio. Insomma, noi ce la stiamo mettendo tutta, ma ora abbiamo davvero bisogno di un forte aiuto da parte dei cittadini, perché, come ho avuto modo di dire a Casal di Principe, nella nostra partita contro la criminalità organizzata servono meno “spettatori” e più “giocatori”.

Una domanda che nasconde il fantasma della paura degli italiani, il nostro Paese è davvero a rischio di un’invasione della malavita straniera? Se si, quali considera le organizzazioni meglio radicate e più pericolose?

Nell’ambito di una più ampia strategia europea, l’approccio italiano nel contrasto all’immigrazione clandestina ed ai connessi fenomeni delinquenziali è orientato al rafforzamento della cooperazione con i Paesi dai quali provengono i flussi. Il nostro obiettivo strategico è da un lato quello di promuovere la migrazione regolare, e dall’altro di reprimere gli aspetti criminali e di favorire la riammissione negli Stati di provenienza degli stranieri in posizione irregolare. In tale ottica, l’Italia ha già sottoscritto accordi con molti Paesi, e sono stati avviati rapporti di diretta collaborazione con le autorità degli Stati dai quali originano gran parte dei flussi di immigrazione illegale. Queste intese prevedono il rafforzamento della rete dei nostri ufficiali di collegamento e l’avvio di concreti programmi investigativi, di scambio informativo, di assistenza tecnica, di pattugliamento congiunto dei mari e delle frontiere terrestri. Anche il processo di allargamento dell’Unione comporta un maggior impegno in termini di attività di vigilanza e sicurezza, a cui si può far fronte solo sviluppando al massimo la collaborazione con i nostri nuovi partner. Con la Romania, che per noi costituisce un interlocutore di assoluto rilievo, l’Italia ha avviato da tempo rapporti privilegiati, ed è stato possibile realizzare in breve tempo importanti iniziative congiunte che hanno già prodotto significativi risultati in termini operativi. Nei mesi scorsi, abbiamo anche dato vita ad un innovativo progetto congiunto denominato “Ita-Ro”, finalizzato al contrasto delle organizzazioni criminali rumene dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, allo sfruttamento della prostituzione e alla criminalità “predatoria”. Inoltre, le misure recentemente adottate dal Governo consentiranno di contrastare con maggiore incisività le attività delinquenziali poste in essere sia dagli stranieri extra-comunitari che dai cittadini di altri Paesi europei, tra cui la Romania, con la quale è in corso da pochi giorni anche un progetto di collaborazione volto ad individuare, grazie al prezioso contributo fornito dai poliziotti rumeni che oggi lavorano fianco a fianco con i nostri investigatori in numerose città italiane, i soggetti più pericolosi per la sicurezza e ad allontanarli dal territorio nazionale.

Fatti come quelli accaduti a Verona, con la morte di un ragazzo di 29 anni riportano l’attenzione sulla sicurezza nelle nostre città: il poliziotto di quartiere è utile ma sembra non bastare cosa ne pensa?

Mi preme sottolineare che negli ultimi anni abbiamo ulteriormente elevato il livello di attenzione verso il crescente fabbisogno di sicurezza avvertito dalla collettività. Abbiamo dato un formidabile impulso a nuove strategie ispirate alla filosofia della “polizia di prossimità” che hanno condotto alla sperimentazione di innovativi modelli di interazione tra gli organi di polizia e le diverse componenti della società. Di queste strategie, il progetto del “poliziotto di quartiere” – che per il suo innovativo approccio al controllo del territorio fortemente orientato verso la prevenzione ha riscosso grande apprezzamento da parte della gente – è solo una delle molte componenti. La centralità dell’ “utente” del “prodotto sicurezza” ci ha spinto infatti a rivisitare anche i rapporti con le istituzioni e le comunità locali secondo modelli ispirati alla “sicurezza partecipata”, volti ad assicurare il massimo coinvolgimento di tutte le componenti della società civile nell’individuazione di soluzioni “su misura” per le diverse realtà territoriali ed a favorire una più ampia condivisione delle iniziative nel settore della sicurezza e della legalità. In quest’ottica, sono assolutamente convinto che i Patti per la sicurezza recentemente stipulati con numerose città italiane forniranno risposte ancor più soddisfacenti alla sempre crescente domanda di sicurezza. Parlando tutti i giorni con Sindaci, Prefetti, Questori, amministratori e semplici cittadini, ho ulteriormente rafforzato la mia convinzione nel fatto che le modalità di intervento non possono essere “uguali per tutti”, ma debbono essere delineate a partire dai bisogni concreti delle comunità locali e dalla percezione che i cittadini hanno dei loro problemi, che sono naturalmente diversi da zona a zona. Il nostro è un Paese composto da realtà assai variegate ed eterogenee, per le quali vanno studiate strategie differenziate per ampiezza, obiettivi e modalità di intervento. Dobbiamo agire un po’ come il medico: usando terapie diverse su individui diversi, perchè non sempre il male da curare si presenta nella stessa forma e con la medesima intensità.

Sulle strade italiane perdono la vita circa 7 mila persone ogni anno per lo più giovani, esistono a suo parere vuoti di controllo da parte della Specialità di Polizia preposta al controllo o tende a considerare la riduzione drastica delle morti entro il 2010 come ci chiede l’Unione Europea, un obiettivo irraggiungibile?

L’attività operativa della Polizia Stradale si estrinseca in molteplici funzioni, sia a livello sia preventivo che di contrasto, tutte volte al raggiungimento di un obiettivo che sta particolarmente a cuore ai cittadini: la sicurezza sulle strade. Per assicurare il costante presidio delle grandi arterie abbiamo notevolmente migliorato l’impiego della Specialità sia con il ricorso a nuove tecnologie e ad autovetture ad alte prestazioni per il controllo della rete stradale, che con importanti interventi volti ad ottimizzare la presenza ed elevare l’efficienza delle pattuglie in servizio. Bisogna tuttavia tener presente che l’obiettivo di ridurre drasticamente il tragico fenomeno delle morti sulla strada è alla nostra portata solo se sapremo fare “gioco di squadra”, contribuendo ad elevare il senso civico ed il rispetto delle regole da parte degli automobilisti italiani. Proprio per questo, la Specialità è fortemente impegnata assieme a numerose altre istituzioni ed associazioni che operano nel settore nella promozione di campagne per la sicurezza sulle strade. In tale contesto, ritengo assolutamente fondamentali le iniziative volte ad avvicinare i giovani ai temi della sicurezza stradale.

I ripetuti tagli in Finanziaria hanno assottigliato le risorse operative della nostra Polizia di Stato, alla luce di questo ritiene probabile un inversione di tendenza oppure sarà inevitabile una deriva verso una polizia privata, come pilastro di sostegno alla sicurezza nazionale?

Risposta: Pur nella consapevolezza che il Paese sta attraversando una difficile e complessa congiuntura economica, alla luce della grande attenzione che il Ministro dell’Interno e l’intero Governo stanno dedicando al tema della sicurezza sono assolutamente certo che verranno quanto prima stanziate le risorse necessarie a far funzionare al meglio un settore così delicato e nevralgico per la vita del Paese.

Come vedrebbe un reale coordinamento interforze fra le Forze di Polizia, per eliminare molte sovrapposizioni e sprechi fra i diversi corpi ed a tal proposito come considera la nascita di un numero unico di pronto intervento, che secondo indiscrezioni cancellerà il 113?

Nella mia veste di Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, vedo con incondizionato favore ogni iniziativa volta a garantire, nell’interesse di un miglior servizio per il cittadino, una più efficace interazione tra le forze di polizia. Lo scorso mese di marzo, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro delle Comunicazioni che disciplina la gestione del nuovo numero unico di emergenza, che come noto a livello europeo sarà il “112”. In una prima fase, sarà istituito un unico centro ove confluiranno le chiamate originate dalle reti telefoniche fisse e mobili verso i numeri “113” e “112”, le quali saranno smistate alla struttura della Polizia di Stato o dell’Arma dei Carabinieri più vicina rispetto alla zona ove si trova la persona in difficoltà. Tale novità induce ad una riflessione sull’attuale sistema del controllo coordinato del territorio, che dovrà essere adeguato alle effettive esigenze che scaturiranno dall’introduzione del numero unico, evitando ogni eventuale disservizio che potrebbe essere causato da una sovrapposizione di intervento, ovvero da un “vuoto” operativo. Per ottimizzare il sistema, sono già in corso i necessari approfondimenti congiunti tra gli esperti della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri.

Episodi come il G8 di Genova e la querelle politico legale che ne è seguita, ma anche i gruppi ultras più politicizzati hanno evidenziato la presenza di aree sociali ostili alla divisa, ritiene che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza debba fare di più per rinsaldare il vincolo di fiducia con i cittadini?

Il compito primario delle forze di polizia è quello di garantire la sicurezza e la libertà dei cittadini, e quindi anche la libertà di protestare, purché ciò avvenga nei limiti posti dall’ordinamento e nel più assoluto rispetto dell’ordine pubblico e delle regole di civile convivenza. Gli uomini e le donne della Polizia di Stato vivono ed operano come “cittadini al servizio dei cittadini”. E anno dopo anno, stando ai sondaggi divulgati dagli organi di informazione, la Polizia figura tra le istituzioni più amate e rispettate per la sua spiccata vocazione sociale e per la sua attività a tutela della libertà e della sicurezza di tutti. E’ con il suo impegno ed i suoi sacrifici che la Polizia di Stato ha meritato la stima, la fiducia e l’amore degli italiani. Siamo vicini alla gente, dice il nostro slogan. E la gente lo sa, lo percepisce e ce ne è grata, ma per noi c’è un obbligo su tutti: impegno totale, nella legalità, per il rispetto delle regole democratiche. Il nostro sforzo per avvicinare sempre di più la polizia alla gente è quindi massimo, ma è altrettanto ferma la nostra determinazione a contrastare la violenza indiscriminata di singoli o gruppi di facinorosi tanto in piazza quanto negli impianti sportivi. Se così non fosse, infatti, verrebbe meno anche la stima ed il rispetto dei cittadini perbene nei nostri confronti.

Sul fronte della lotta al terrorismo internazionale a che punto è la collaborazione con i paesi democratici dell’area europea e dell’occidente? Ritiene praticabile una collaborazione anche con i paesi arabi e medio orientali che non condividono la lotta intrapresa contro l’occidente da quegli stati che gli Usa definirono paesi canaglia?

Nel delicato settore della lotta al terrorismo abbiamo conferito il massimo slancio alla cooperazione internazionale. Uno dei miei primi passi ufficiali da Capo della Polizia è stato proprio la stipula alla Casa Bianca di un importante accordo di collaborazione con gli Stati Uniti in materia di lotta al terrorismo internazionale. Al contempo, stiamo sviluppando mirati progetti di collaborazione strategica e di coordinamento operativo con le forze di polizia dei Paesi europei, occidentali e del mondo arabo moderato, mentre le strutture specializzate del Dipartimento della Pubblica Sicurezza sono quotidianamente in contatto con i collegati organismi di sicurezza di numerosi Stati nordafricani e mediorientali.

Nel nuovo parlamento sono stati eletti quattro rappresentanti delle forze dell’ordine, mentre a Roma un generale è in corsa per l’Assessorato alla sicurezza: l’allineamento partitico di alcuni non rischia di delegittimare tutti i discorsi super partes dei vertici delle Forze di Polizia? Lei cosa ne pensa?

Le forze di polizia rispondono solo alla legge. Non hanno colore né appartenenza politica.

Considera azzeccata la scelta di alti funzionari di polizia da parte del Governo per la lotta alle emergenze, anche non direttamente criminali come ad esempio l’incarico del suo predecessore De Gennaro nella vicenda dei rifiuti di Napoli; può insinuare un crollo di fiducia verso funzionari di Stato non appartenenti alle Forze dell’Ordine?

Un Capo della Polizia non esprime mai giudizi sulle scelte del Governo e del Parlamento.

Una domanda sui sindacati: ci faccia un identikit dell’organizzazione ideale che stimoli il confronto e contribuisca all’azione intrapresa dai vertici?

Lo ha già fatto Lei: il Capo della Polizia non ha bisogno né di sindacati acquiescenti, né di controparti preconcettualmente ostili. La mia porta è sempre aperta per chiunque voglia discutere dei problemi reali dei poliziotti e sia portatore di proposte utili a migliorare le loro condizioni di lavoro e la funzionalità delle nostre strutture. L’apporto critico e dialettico delle organizzazioni sindacali ed il loro ruolo di controllo e verifica dell’operato dell’Amministrazione sono un patrimonio prezioso ed imprescindibile per la vita della nostra Istituzione.

Francesco Paolo Russo

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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