La realtà Italiana sul secondo lavoro dei pubblici dipendenti ormai la conosciamo alla perfezione. Resta ferma, infatti, per tutti i dipendenti pubblici, la disciplina delle incompatibilità, argomentazione ampiamente analizzata e approfondita in questi articoli settoriali e nei libri specialistici dell’autore, nonché sui forum on-line.

Il divieto del doppio lavoro scandito dall’art. 60 d.p.r. n. 3 del 1957, si potrebbe affermare che esiste da sempre, almeno nelle leggi: già nel 1919 Luigi Einaudi denunciava la ‘piaga del doppio lavoro in nero’ come una delle cause principali dell’inefficienza delle pubbliche amministrazioni.

La vecchia normativa vietava in modo assoluto che un dipendente pubblico potesse svolgere una seconda attività (ad eccezione di collaborazioni saltuarie e attività occasionali: e in questo la legge non è cambiata). Con la Finanziaria del 1997, invece, si è consentito ai dipendenti pubblici di svolgere una seconda attività lavorativa con due limiti: che si trasformi il rapporto a tempo pieno in tempo parziale e che l’attività lavorativa non sia incompatibile con i compiti di istituto, ovvero non determini conflitti di interesse.
Nell’evoluzione generazionale intercorsa, nonché nello sviluppo normativo si sono aperte molte porte, ma purtroppo le stanze alle quali il dipendente accede, sono ancora contraddistinte da forte inettitudine sulla tematica, insicurezza, regime totalmente discrezionale e carenza di una norma trasparente e risolutiva che delinei appieno le modalità esecutive di esercizio e regolarizzazione sotto gli aspetti autorizzatori nonché fiscali e contributivi.
Risultati? Molto semplice: dai tempi di Einaudi appena citati, il secondo lavoro sommerso del pubblico dipendente è cresciuto a ritmi esorbitanti. Eppure il silenzio attorno alla tematica continua ad incombere solenne. Le uniche campane battenti sono quelle del regime sanzionatorio che sovente vengono sbandierate sugli organi di stampa pubblicizzando pesanti sanzioni inflitte ai dipendenti. E nulla di più.
E in tempi di pesanti crisi finanziarie come le attuali, di evasione fiscale, ancora non si comprende il fattore che proprio una maggiore apertura e trasparenza comporterebbe l’emersione di centinaia di attività sommerse con la conseguenza della regolarizzazione e del controllo.
Le amministrazioni continuano, con tutta giustificazione, a segnalare che il dipendente non deve creare un centro di interessi esterno soggetto a solerzia ed eccessivo aggravio psico-fisico. Purtroppo certi impegni oltre che attribuibili esclusivamente al secondo lavoro, sono da ricercare anche in moltissimi campi della sfera privata del dipendente che comunque in ogni caso, molto sovente, crea un contesto similare di eccessivo carico psico-fisico. Per tale motivazione anche questo fattore preponderante sarebbe da rivalutare in un contesto di maggiore razionalità.
Da un sondaggio lanciato sul portale www.doppiolavoro.com è apparso in maniera inequivocabile che il pubblico dipendente dinnanzi a incompetenza della propria amministrazione sulla tematica e dinnanzi a norme poco trasparenti, ESERCITA COMUNQUE IL SECONDO LAVORO, senza remore e molto spesso per la motivazione principale che in certe contingenze attuali o situazioni familiari, ne ha effettiva necessità.
A seguito di questa esposizione, la presa di posizione delle amministrazioni (le quali da sempre attendono direttive specifiche sulla materia e soprattutto modalità esecutive ben delineate e dettagliate) non prendono posizione. Ed è utile ripetere l’asserzione: NON PRENDONO POSIZIONE.
Ho personalmente trattato centinaia di casi per una moltitudine di dipendenti. La realtà che posso segnalare è che l’amministrazione dinnanzi a casistiche delle quali non conosce risoluzione o definizione, per non sbagliare offre diniego, adagiandosi sul contesto della non punibilità applicata al diritto amministrativo, anche per prese di posizione incongrue proclamate a seguito di ricorsi vinti dai dipendenti.
Quasi nessuna amministrazione brilla di luce propria tanto da frapporre prese di posizione forti che possano creare casistiche risolute ed esempi da seguire. Le amministrazioni seguono la massa, come un gregge inerme che semplicemente si accoda, un essere dopo l’altro, senza iniziativa alcuna. La tendenza è quella di verificare l’orientamento comune di tutte le amministrazioni, di gravitare nel nulla di fatto, in un’attesa che oramai ha radici troppo lontane che sarebbe opportuno evolvere rapportandole alle contingenze attuali.
Troppo spesso ho sentito affermare che in carenza di direttive si offre potenzialmente il diniego. “Saranno poi fatti del dipendente proporre ricorsi lunghi ed estenuanti corredati da ingenti spese che probabilmente, se accettati, creeranno qualche casistica.”
Sarebbe utile ricordare alle amministrazioni anche il fatto contrario, l’elemento di contrasto, il fattore opposto. Se non si è punibili, non lo si è comunque anche autorizzando e prendendo posizione in maniera risoluta.
La direttiva nella quale il Dipartimento della Funzione Pubblica segnalava alle amministrazioni di non perdersi in eccessive pignolerie nelle autorizzazioni, attualmente si è perduta nelle remote retrovie del tempo, surclassata dall’indecisione, dalla carenza di posizioni vere, dalla tendenza di tutte le amministrazioni ad allinearsi ad un gruppo che a dire il vero non emette segnali di grande competenza sulla tematica e non appare certo propositivo nel cammino del rinnovamento.
Se al contrario ogni amministrazione risultasse al contrario propositiva, prendendo posizione in maniera forte, offrendo casistiche, comprendendo l’effettivo valore di una posizione per l’evoluzione generazionale, se avesse il coraggio di brillare di luce propria uscendo dal lento gruppo in movimento, porterebbe sviluppo e progresso e la comprensione di un tema ancora troppo sottovalutato. La risoluzione del lavoro sommerso del pubblico dipendente, dell’evasione fiscale, transita da questa porta che inspiegabilmente nessuno vuole aprire.
Nella concettualità attuale, con tutte le problematiche che incombono, conta chi prende posizione, chi brilla di luce propria, che è propositivo ed offre effettive proposte di risoluzione dei problemi, offrendo il proprio pugno, la propria iniziativa la propria idea. Ecco il concetto di crescita che l’Italia si aspetta in tutti i campi e la problematica del secondo lavoro del pubblico dipendente è un tema caldo che sotto banco comporta implicazioni e numeri esorbitanti.
Chi invece si allinea al gregge, nella lenta transumanza, senza una posizione, senza un modello, senza un’idea o una linea decisiva da seguire per apportare miglioramento, transita e apre il disegno del lento cammino della recessione.

E’ opportuno avere buone orecchie per sentire.

Massimiliano Acerra.

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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