In un nostro intervento sullo studio della disciplina delle armi tenutosi il 10 aprile 1999 presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia, abbiamo ampiamente parlato della revoca e della sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia,
nella recondita speranza che qualcuno degli addetti ai lavori ponesse mano a riordinare, secondo i principi e con adeguamento alle leggi comunitarie, alla complicata problematica. Purtroppo, dobbiamo constatare, con nostro rammarico, che nulla si è fatto e quel poco che si è fatto, ha confuso ulteriormente le idee e aggravato la situazione.

Mancano, allo stato, alcuni decreti applicativi del Decreto legislativo del 26 ottobre 2010, n. 204, già in vigore dal 1° luglio 2010, come ad esempio, il decreto del Ministero della Salute sul certificato medico, mentre alcune prescrizioni che, a nostro parere non hanno importanza ai fini della sicurezza pubblica, come ad esempio la comunicazione al convivente maggiorenne della disponibilità dell’arma, peraltro sanzionato, in via amministrativa, col pagamento di una somma che va da Euro 2.000 a Euro 10.000 e con la revoca della licenza o del nulla osta alla detenzione. Ci sembra veramente eccessivo!

Mancano ancora molti altri decreti previsti dal Decreto Legislativo del 2010 n. 204 e,. con l’aria che tira, chissà se e quando vedranno luce.

Per contro, continuano gli abusi, con connotazioni vessatorie da parte di alcune Questure che emettono provvedimenti ablativi nei confronti di cittadini titolari di autorizzazioni di polizia in materia di armi, invocando, talvolta a sproposito, il rispetto dell’ordine e della sicurezza pubblica, frase diventato ormai il cavallo di battaglia nell’adozione di qualsiasi provvedimento amministrativo.

Il Testo Unico delle Leggi di P.S. del 18 aprile 1931, n.773, ancorchè nato in un momento storico di tutt’altra natura, elenca, con chiarezza, quali sono i motivi ostativi alla concessione e, in casi di abuso, alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione di polizia; mentre si fa, quasi sempre, riferimento all’ultima parte dell’art.43 laddove è scritto che: “La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non da affidamento di non abusare delle armi” . Sul punto ci sarebbe molto da discutere circa la presunzione di abuso, non esistendo parametri a rigurado, tant’è che la giurisprudenza, in proposito, vacilla, non è mai univoca. Per quanto riguarda la buona condotta, la Corte Costituzionale ha già fatto chiarezza con la sentenza n.400 del 16 dicembre 1993, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’ultimo comma dell’art.43 T.U.P.S., nella parte in cui pone a carico dell’interessato l’onere di provare la sua buona condotta.
Il legislatore del tempo, più accorto dell’attuale nell’elencare le cause ostative, ha avuto riguardo alla gravità dei fatti delittuosi precisando che dovrà trattarsi pur sempre di delitti non colposi e alla condanna, passata in giudicato, mentre allo stato si revocano autorizzazioni anche per contravvenzioni di infima importanza, come un caso di cui siamo venuti a conoscenza di un cittadino, titolare di porto di fucile per uso di caccia, deferito all’Autorità Giudiziaria perché ritenuto responsabile di violazione dell’articolo 727 del Codice Penale che, come è noto, se la denuncia è confermata, è punita con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da Euro 1.000 ad Euro 10.000, pena peraltro oblabile ai sensi dell’art.162/bis dello stesso Codice Penale. Ebbene, per questo caso, tutto ancora da accertare, è stata revocata la licenza di porto di fucile per uso di caccia e, per la restituzione, dopo aver proposto ricorso al Prefetto della Provincia – conclusosi con declataria di SILENZIO-RIGETTO, lo stesso Questore, non soddisfatto di aver privato, illegittimamente, quel cittadino, pretende, per la restituzione della licenza, un nuovo certificato di abilitazione all’esercizio venatorio oltre a tutta la documentazione, come se si trattasse di primo rilascio ex novo. C’è da stupirsi di fronte a tali pretese: prima perché il Questore non ha competenze in materia di caccia, perché la caccia, come è noto, è regolata dalla Legge n.157 del 1992 ed i provvedimenti ivi previsti sono di competenza del Presidente della Giunta Provinciale. Ma non sono solo questi gli abusi di alcune Questure nell’emettere provvedimenti amministrativi, si va oltre, laddove non si arriva con le leggi, soccorrono le famose circolari ministeriale che, come è noto, non hanno forza di legge e tuttavia sono sempre presenti nei provvedimenti amministrativi.
Un altro caso, questa volta di respingimento di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale, di cui siamo venuti a conoscenza. Nel caso specifico si tratta di rinnovo annuale che il titolare rinnovava periodicamente, ogni anno, per gli stessi motivi, sin dal 2002, mentre nel 2012 la richiesta di rinnovo viene respinta in quanto, secondo il Questore, non ha più bisogno di andare armato per difesa personale, giustificando tale diniego, in quanto le circolari del Ministero dell’Interno n.10.05.2003 e altre due precedenti del 27.09.1990 e del 2.06.1992 con le quali si disponeva la revisione straordinaria delle licenze di porto d’arma da fuoco al fine di verificare col massimo rigore il possesso da parte del titolare dei requisiti richiesti dalla legge”.

Nella circostanza non si è tenuto conto che il richiedente era già titolare della licenza sia dal 2002, epoca antecedente le direttive ministeriali. Ci ha pensato con ritardo il Questore. Misteri!!

Premesso che nel caso di specie le Questure non hanno più competenza al rilascio e/o rinnovo di licenza di porto d’arma di pistola o rivoltella per difesa personale in quanto tale incombenza è attribuita, per legge, (ex art.42 testo Unico di P.S.) al Prefetto e a nulla vale richiamare la delega permanente del Predetto di Roma n.13455 del 16.12.1960 per provvedere nella materia in quanto tale delega è stata revocata del Ministero dell’Interno con circolare del 2 febbraio 1983, n.10.245/12982 (40) , diretta alle Questure della Repubblica, avente per oggetto:DELEGAZIONI DI COMPETENZE, ha stabilito che “Dato il carattere innovativo delle presenti istruzioni, le deleghe rilasciate a norma della citata circolare del 1960, devono intendersi caducate”, quindi la regola doveva valere per tutte le Questure della Repubblica.

Ma non è così. La Questura di Roma, e non è dato sapere per quale motivo, rilascia e rinnova licenza di porto di pistola per difesa personale che, a nostro parere, sono autorizzazioni illegittime in quanto emesse da autorità incompetente per materia (ex art.21 octies legge 241/1990) in base al quale è annullabile il provvedimento amministrativo adottati in violazione di legge.

Nonostante le modifiche, le integrazioni al Testo Unico di P.S. e le nuove leggi che si sono susseguite nel tempo, a partire dal 1931, epoca in cui venne emanato l’attuale Testo Unico di P.S. che trae origine dal R.decreto del 6.11.1926, n.1848 e il relativo regolamento del 1940, n. 635, nessuna modifica, riguardante le competenze de Prefetto e del Questore, è stata apportata all’articolo 42 del Testo Unico. La conferma viene dall’art.4 della Legge 18 aprile 1975, n.110 che elenca le armi soggette ad autorizzazioni, mentre non viene indicata la competenza al rilascio e/o al rinnovo di tali autorizzazioni. A nostro modesto parere bastava inserire, dopo il secondo comma del predetto articolo 4, un solo rigo, così concepito: LA COMPETENZA DI TALI AUTORIZZAZIONI VIENE ATTRIBUITA AL QUESTORE. Si è inserito, per converso, all’articolo 42 T.U. l’obbligo di comunicare ai conviventi maggiorenni, anche diversi dei familiari, compreso il convivente more uxorio, di cui tuttavia si aspetta il relativo regolamento per conoscere la modalità.

Il legislatore moderno forse non hai mai letto l’art.42 del più volte citato Testo Unico di P.S. perché se lo avesse fatto, sempre che ne fosse a conoscenza, avrebbe annullato quelle antiquate parole: RIVOLTELLE O PISTOLE DI QUALUNQUE MISURA , dizione che si perpetua da oltre cento anni. Oggi le armi si misurano con il calibro e non col metro. Per non dire del bastone animato, retaggio dell’antica nobilità, di cui il padre di Giacomo Leopardi ne andava fiero.

Elencare gli errori e le omissioni contenute nel Testo Unico di P.S., tuttora in vigore, con le modifiche e le integrazioni inserite ad ogni fatto di cronaca, non basterebbe lo spazio di una relazione quale è la presente, occorrerebbe ben altro, e non è questa la sede per poterne discutere. Le tante proposte per un nuovo testo unico di P.S. che regolasse, in toto, la materia delle armi e degli esplosivi, giacciano ancora negli archivi del Senato e della Camera.

Si è andati avanti sempre a rattoppi tanto al Testo Unico di P.S. del 1931 che al relativo Regolamento del 1940 e alla più recente Legge 18 aprile 1975, n.110 tal che l’operatore di polizia che è il primo interprete, a volte rimane nel dubbio nel corso di operazioni che implicano le leggi (e ne sono molte e mal coordinate) sulle armi e sugli esplosivi.

Abbiamo redatto queste brevi osservazioni con lo spirito dell’uomo della strada che assiste giornalmente al degrado della Pubblica Amministrazione, con la speranza che verranno tempi migliori, come auspichiamo tutti i buon pensanti.
di Guerrisi Girolamo – Ispettore della Polizia di Stato (a.r.)

16 Luglio 2013

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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