Non è difficile immaginare di chi sia la colpa degli scontri di S. Giovanni. Delle forze dell’ordine che, con caroselli di mezzi e idranti hanno aizzato la folla, fatta di precari, ricercatori universitari, disoccupati, i quali, si sono semplicemente difesi come dicono le testimonianze indimediane?

Oppure dei famigerati “Black Block” che, organizzati ed addestrati tra la Grecia e la Val Susa, hanno pianificato gli scontri come si è detto il giorno dopo da e da certi politici? Tutti, in questi giorni, sostenevano che l’ “altro” voleva il morto.

Come al solito, la colpa per gli scontri è stata degli idioti e dei demagoghi. Le forze dell’ordine hanno capito la lezione del G8 di Genova.

La prima causa che ha caratterizzato il fallimento dell’ordine pubblico a Genova è stato il gran numero di comandanti dell’ordine pubblico “fuorisede”: a Roma chi comandava la piazza era in servizio nella Capitale, conosceva le forze in campo e soprattutto il territorio.

L’altro grande problema di Genova fu il concetto di intervento basato sull’uomo: lo scontro uomo contro uomo, anche se armato di sfollagente da una parte e bastoni e pietre dall’altra, provoca feriti in quantità ed il pericolo, ancora maggiore, di morti.

Questa volta sono stati usati mezzi a basso impatto umano come gli idranti, i caroselli con i “blindati” e i lacrimogeni e se in Piazza S. Giovanni non ci sono stati troppi feriti, lo si deve proprio all’uso di questa tattica. Se i manifestanti si fossero scontrati “corpo a corpo” con i poliziotti, il sangue, degli uni e degli altri, avrebbe ricoperto la piazza. Non è successo e di questo dobbiamo essere tutti contenti.

I violenti si sono sfogati perlopiù contro le vetrine e contro le macchine, hanno costruito barricate ma il giorno dopo, le vetrine erano in riparzione, le auto negli sfasciacarrozze ma con le pratiche per i rimborsi già inviate alle assicurazioni; le barricate tolte e le strade pulite. Le ferite sulle persone non si sarebbero rimarginate così velocemente.

Il malcontento dei politici e di alcuni osservatori istituzionali, per come sono andate le cose, è allora inspiegabile. Gli stessi (di tutti gli schieramenti) che accusavano di brutalità la Polizia durante il G8 di Genova o nella manifestazioni no-tav, hanno condannato gli uomini in uniforme per “mancanza di repressione”. Alcune sbavature nell’ordine pubblico ci sono state ma è stata comunque un’ottima gestione della piazza, proprio perchè ha minimizzato gli scontri tra uomini che, in certi casi, ne fanno una questione “personale”.

Il problema macroscopico invece è, ancora una volta, l’ideologia che fiancheggia gli scontri. Anche chi non ha attivamente partecipato, ha fornito motivazioni e giustificazioni morali. Accusare, ad esempio, la Polizia di usare ripetutamente artifici lacrimogeni, cioè armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali, non è solo una grande bugia (proprio perchè la convenzione, sulla messa al bando delle armi chimiche, esclude i gas lacrimogeni usati dalle Polizie per disperdere la folla) ma è soprattutto una giustificazione morale secondo il principio che “se lo Stato viola la legge o le convenzioni internazionali, la mia protesta, anche violenta, è giustificata”.

I gas lacrimogeni sono armi, giustamente, vietate in guerra, perchè servirebbero a stanare i nemici per poi ucciderli a fucilate, mentre, in ordine pubblico, servono a far allontanare le persone da una zona senza usare la “forza umana” e minimizzando lo scontro fisico diminuisce anche il rischio di danni fisici delle persone.

Il resto è e sarà cosa nota, gli scontri ci sono stati, la Polizia arresterà alcuni manifestanti violenti fuori flagranza, qualcuno la farà franca e il carrozione delle demagogie andrà avanti.

Pur di accaparrarsi un voto in più o in meno, i politici useranno questa storia, la brutalità degli uni e la violenza degli altri e tutti non rileveranno il dato fondamentale: i violenti si sono uniti; in piazza c’erano ultras, centri sociali, cani sciolti, tutti insieme contro il comune nemico: lo Stato. Gli estremisti della lotta sono, in qualche modo, spalleggiati da un bacino più ampio di gente che, per ora, non ha preso parte agli scontri, ma che, a volte, giustifica azioni violente con la demagogia e la disinformazione che impera e viaggia nella rete.

Sono i cambiati i riferimenti culturali rispetto agli anni immediatamente precedenti gli anni di piombo ma i prodromi sociali sembrano gli stessi.

dr. Leandro Abeille

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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