Con la legge n. 69/2009, relativa anche alle disposizioni sulla semplificazione, erano stati previsti “chiarezza dei testi normativi” (art. 3), “semplificazione della legislazione” (art. 4) “predisposizione di testi unici” (art. 5), per rendere più “comprensibili” le leggi. Questi criteri innovativi hanno generato legittime aspettative anche in coloro che, per motivi di lavoro, sportivi o di collezionismo, hanno a che fare con lo strumento “arma”.

Infatti, in un settore così delicato per la sicurezza e l’incolumità pubblica, è particolarmente avvertita la necessità di una riforma strutturale di tutta la normativa, stratificatasi e sedimentatasi nel corso degli anni, dando vita ad un coacervo di leggi, leggine e regolamenti, senza alcuna organicità, con evidenti difficoltà di interpretazione ed applicazione.

La buona occasione di legiferare in un modo nuovo, più facile e comprensibile da tutti, anche in questa materia, poteva essere quella fornita dall’applicazione della Direttiva europea 2008/51/CE, del 21 maggio 2008, finalizzata a più efficaci controlli sull’acquisizione e detenzione di armi e sulla loro tracciabilità, direttiva recepita nel nostro ordinamento con la legge 7 luglio 2009, n. 88.

Purtroppo, le legittime aspettative, non solo degli utenti del settore, ma anche degli operatori delle Forze di polizia e degli stessi magistrati, sono state deluse.

Infatti, invece di dare applicazione alla direttiva con un riordino della normativa attraverso la compilazione di un testo unico, si è preferito “perseverare” con l’emanazione dell’ennesimo Decreto Legislativo, con il quale ci si limita ad “integrare” e “modificare” l’attuale, rectius le attuali leggi, con prevedibili conseguenze negative di lettura e di interpretazione.

Il D.L.vo n. 204, del 26 ottobre 2010 (G.Uff. 10 dicembre 2010, n. 288), relativo alla “attuazione della direttiva 2008/51/CE, che modifica la direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi”, è composto di otto articoli ed entra in vigore il 1 luglio 2011, anche se alcune norme interpretative sono già applicabili. Diverse, nuove previsioni normative entreranno in vigore solo a seguito della emanazione di Decreti ministeriali di attuazione. Dovrà essere anche aggiornato l’attuale Regolamento di esecuzione del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, essendo stato modificato in diversi articoli.

Con la normativa in argomento si apportano integrazioni e modifiche:

– al D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 527, con il quale è stata attuata la direttiva 91/477/CEE, relativa al “Controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi”;

– al T.U. delle leggi di pubblica sicurezza e relativo Regolamento di esecuzione;

– alla legge 2 ottobre 1967, n. 895, relativa alle “Disposizioni sul controllo delle armi”, così come modificata dalla legge 14 ottobre 1974, n. 497, contenente “Nuove norme sulla criminalità”;

– alla legge 18 aprile 1975, n. 110, contenente “Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, munizioni ed esplosivi”.

Con l’art. 2, si modifica l’art. 1 del D.L.vo 527/99, per meglio definire i termini “arma da fuoco”, “parte”, “munizione”, “tracciabilità”, e l’attività di “armaiolo”, contemplando, per la prima volta, anche quella di “intermediario” di armi e munizioni.

Nella definizione di “parte” di arma da fuoco viene inserito il “silenziatore”, prima considerato accessorio, e tolto il “caricatore” ( depennato esplicitamente dall’art. 19 della legge 110/75 con l’art. 5, comma 1, lettera L) del presente D.L.vo); pertanto i caricatori sono acquistabili e detenibili senza alcuna formalità.

Lo stesso art. 2 inserisce nel D.L.vo 527/92 la possibilità di richiedere la Carta europea d’arma da fuoco da parte dei cittadini dell’Unione europea anche al questore della provincia di domicilio, anzichè di sola residenza.

Con l’art. 3, vengono modificati gli artt. 28, 31, 35, 38, 42, 55, 57 del T.U.L.P.S. ed inserito l’art. 31 bis.

Oltre che per la fabbricazione, viene previsto l’obbligo delle licenze anche per l’attività di ”assemblaggio” di armi da guerra (art. 28) e comuni (art. 31), estendendone la validità, rispettivamente, a 2 anni e a 3 anni.

Con l’inserimento dell’art. 31 bis, viene regolamentata la figura di “intermediario”, sottoponendola a licenza del prefetto, con validità di 3 anni.

L’art. 35 viene “sostituito” completamente, con l’introduzione di significanti modifiche:

– obbligo per l’armaiolo ( e anche per i titolari di depositi e rivendite di materie esplodenti di cui all’art. 55 del T.U.L.P.S.) di tenere un registro delle operazioni giornaliere in formato “elettronico”, oltre quello cartaceo, custodendoli per un periodo di 50 anni;

– il Nulla Osta per l’acquisto di armi e munizioni ritorna ad essere esente da ogni tributo. Prima del rilascio, il questore ha l’obbligo (non più la facoltà) di richiedere il certificato medico di idoneità psicofisica e “ogni altra certificazione sanitaria prevista dalle disposizioni vigenti”.

Nel certificato deve essere inserita, anche, la nuova attestazione che l’interessato “non risulti assumere anche occasionalmente sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero abusare di alcool”.

Queste non sono le uniche novità finalizzate ad evitare che le armi possano essere acquistate da persone che non diano sufficiente affidamento di non abusarne. Infatti, si è ritenuto opportuno intervenire stabilendo anche l’obbligo della comunicazione “ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio” del rilascio del N.O. e delle licenze di porto d’armi. Quest’ultima previsione pare di scarsa efficacia per la prevenzione degli atti violenti commessi con armi, ma di sicuro effetto per far aumentare le liti familiari e far riconoscere le coppie di fatto.

Con la modifica dell’art. 38 del T.U.L.P.S., viene stabilito il termine di 72 ore, “successive alla materiale disponibilità”, entro il quale deve essere denunciata la detenzione di armi, parti e munizioni, volendosi così sanare la genericità di quello attuale, che si limita alla “immediata denuncia”.

Una ulteriore precisazione viene inserita nell’art. 38, con la quale si prevede l’obbligo della ripetizione della denuncia quando il suddetto materiale sia trasferito “in un luogo diverso da quello indicato nella precedente denuncia”, stabilendo, così, implicitamente, che la denuncia deve essere ripresentata anche se diretta agli stessi Uffici di polizia o Comandi dei carabinieri, già interessati in precedenza. Non si riesce a comprendere perchè questa prescrizione sia stata inserita nell’art. 38, quando lo stesso obbligo, seppur più generico (“trasferimento di detto materiale da una località all’altra dello Stato”) è già previsto nell’art. 58, comma tre, del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S.. Conseguenza logico giuridica ci fa ritenere che quest’ultimo comma dell’art. 58 si debba considerare implicitamente abrogato.

Altro “corpo estraneo”, inserito nell’art. 38, è l’obbligo di presentazione del certificato medico, previsto per il rilascio del N.O., ogni 6 anni, da parte di coloro che detengono armi, ma non sono titolari di licenze di porto. Anche in questa ipotesi, una più attenta redazione organica del testo, avrebbe permesso l’inserimento di tale obbligo nell’art. 35, ove viene regolamentato il certificato in questione.

L’art. 57 del T.U.L.P.S. viene ampliato con la previsione che disciplina l’apertura di campi di tiro a volo e poligoni privati, stabilendo che occorre la licenza dell’Autorità locale di P.S..

Con l’art. 4 del D.L.vo 204/2010, si apportano modifiche alla legge 895/67, relativa alle sanzioni per i reati riguardanti le armi, parti, munizioni ed esplosivi, prevedendo un significante aumento delle “multe”, rimanendo invariati i tempi della “reclusione”.

L’art. 5 del presente D.L.vo introduce integrazioni e modifiche alla legge 110/75, sulla attuale disciplina delle armi ed esplosivi, che riguardano gli artt. 2, 4, 5, 8, 10, 11, 15, 19, 20, 22, 23, inserendo anche gli artt. 11 bis e 13 bis.

Tra le innovazioni da segnalare, il divieto di commercializzare pistole in calibro “9×19 parabellum”, non considerate, quindi, “comuni”, con la esplicita previsione/contraddizione che si possono fabbricare, per l’esportazione, con la licenza di cui all’art. 31 del T.U.L.P.S. per le armi comuni e non con quella per le armi da guerra, di cui all’art. 28, come sarebbe stato più logico.

Viene ampliata la categoria degli oggetti, di cui all’art. 4 della legge 110/75, che non si possono portare fuori dalla propria abitazione, con l’inserimento degli “storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione”, oggetti che non hanno una specifica regolamentazione normativa e che, dal 1 luglio, possono essere acquistati e detenuti liberamente, ma non portati fuori della propria abitazione.

Tra gli oggetti, invece, che, con giustificato motivo, possono essere portati, vengono inseriti anche i “puntatori laser, di classe pari o superiore a 3b”, gli strumenti riproducenti armi in metallo, quelli da segnalazione acustica e quelli denominati “softair”.

Questi ultimi strumenti, riproducenti armi, vengono regolamentati, per la prima volta, stabilendo che non possono essere venduti ai minori degli anni 16, la energia del pallino non deve superare 1 joule di potenza, i pallini devono essere in plastica di colore “vivo”, la canna deve essere colorata di rosso per la lunghezza di 3 centimetri.

Con l’inserimento, al comma sei, dell’art. 8, della legge 110/75, della frase sibillina “nei dieci anni antecedenti alla presentazione della prima istanza”, si tenta di risolvere la problematica relativa alla dimostrazione della “capacità tecnica” per il rilascio di licenze per armi ed esplosivi. L’unica interpretazione logica che si può dare a tale inciso è quella di riconoscere a coloro che chiedono il rinnovo di una licenza, dopo qualche anno dalla scadenza di legge, la possibilità di non dimostrare anche la “capacità tecnica”, sempreché non siano trascorsi 10 anni dal primo rilascio. Quest’ultima previsione potrebbe essere adottata anche per quanto riguarda la necessità, o meno, di richiedere “l’abilitazione all’esercizio venatorio” per chi presenta istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per caccia, a distanza di anni dal primo rilascio.

Per una migliore “tracciabilità” delle armi e munizioni, oltre ai segni distintivi da apporre sulle armi già previsti dall’art. 11 della legge 110/75, ne vengono inseriti altri, come l’anno di fabbricazione e di importazione, il relativo paese, il calibro.

Con il nuovo articolo 11 bis si dispone per l’attuazione, da parte del Ministero dell’Interno, di un archivio informatico, denominato G.E.A., già previsto per la tracciabilità degli esplosivi per uso civile dal D.L.vo 25 gennaio 2010, n. 8, per mezzo del quale si possa ricostruire, in tempo reale, tutto il percorso di un’arma dalla fabbricazione/importazione fino al detentore.

L’art. 13 bis prevede, per la prima volta, il commercio di armi “fuori uso” appartenenti alle Forze armate e di polizia, definendo e regolamentando le attività di “demilitarizzazione” (trasformazione di arma da guerra in comune) e “disattivazione” (trasformazione di un’arma in mero oggetto/simulacro). Queste ultime attività erano state regolamentate, in precedenza, solo con circolari, per ultima quella del 20 settembre 2002.

Infine, con l’art. 6 del D.L.vo 204/2010, relativo alle “Disposizioni transitorie e finali”, vengono, anche, inserite due norme da considerare “interpretative”, finalizzate a risolvere una volta per tutte le questioni relative ai calibri ammessi per l’attività venatoria per fucili con canna ad anima rigata, nonché al numero detenibile di cartucce per fucili da caccia che impiegano munizionamento per pistola.

Relativamente alla prima problematica, viene riconfermato quanto già esplicitato nella circolare del M. Dell’Interno del 6 maggio 1997, e cioè che i due requisiti del calibro di 5,6 mm. e del bossolo, a vuoto, di 40 mm. devono essere ambedue compresenti solo per le munizioni da caccia di calibro inferiore o pari a 5,6 mm.; se di calibro superiore, sono sempre ammessi per l’attività venatoria, anche se il bossolo sia inferiore a 40 mm.. In pratica vengono esclusi solo i calibri 221 e tutte le specie del 22.

Per quanto riguarda, invece, la problematica relativa alla detenzione di munizionamento per fucile da caccia compatibile con quello per pistola (es. 44M.), il numero massimo consentito è di 200 cartucce, con relativo obbligo di denuncia.

L’art. 6 del D.L.vo in argomento prevede, anche, una serie nutrita di Decreti ministeriali e interministeriali che dovranno essere adottati per l’attuazione pratica di quasi tutte le modifiche ed integrazioni apportate all’attuale normativa in materia. Tra questi, quelli che incideranno in maniera negativa sui detentori e collezionisti di armi saranno il decreto del Ministro dell’interno che dovrà stabilire modalità per la custodia delle armi e quello del Ministero della Salute che dovrà “inventarsi” altri esami e certificati medici per il rilascio di licenze, per cercare di prevenire atti violenti commessi con armi legittimamente detenute.

Concludiamo questa breve, sommaria illustrazione del D.L.vo 204/2010 rappresentando forti perplessità sui tempi di applicazione delle nuove disposizioni, rilevato che, oramai, per prassi consolidata, i Ministeri considerano i termini, anche se assegnati loro dalla legge, sempre “ordinatori” e mai “perentori” (siamo ancora in attesa del decreto ministeriale che deve regolamentare la liberalizzazione delle bombolette lacrimogene, previsto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94!..).

Ulteriori perplessità ci sentiamo di esprimere sulla effettiva efficacia delle norme in argomento per contemperare le esigenze di salvaguardia della sicurezza pubblica con quelle del singolo appassionato di armi.

Di una cosa siamo certi: abbiamo perso l’occasione di fare chiarezza nella normativa delle armi ed esplosivi.

Firenze 5 giugno 2011

DR. ANGELO VICARI

Dirigente della Polizia di Stato a.r.

Avatar

Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

Lascia un commento