marco strano

Le investigazioni scientifiche sono un’attività in cui assumono un
ruolo fondamentale sia la competenza e l’esperienza degli operatori
che la strumentazione utilizzata. Per ciò che attiene al know-how degli
esperti di crime scene investigation abbiamo normalmente,
nell’ambito delle Forze di Polizia, tre livelli di professionalità. Ci sono
i tecnici del sopralluogo, il cui compito è individuare e repertare le
tracce sulla scena del crimine. A loro è richiesta una certa
dimestichezza con strumenti e prodotti “da campo” e tale
professionalità si acquisisce, secondo gli standard internazionali, con
un periodo di formazione “full-immersion” della durata variabile da 6
mesi a due anni e un’esperienza pratica di qualche anno (con un
cospicuo numero di interventi). Al termine di questo periodo di
training gli investigatori CSI sono in grado di intervenire con successo
e in maniera autonoma su ogni tipo di scenario investigativo. In base
alla tradizione dei diversi corpi di Polizia a cui appartengono
(Carabinieri, Polizia di Stato, Forestali, Guardia di Finanza, Polizia
Locale ecc.) gli operatori che compongono il team di intervento sono
più o meno “specializzati” su un singolo compito. Coloro che ad
esempio si occupano di fotografare la scena a volte possono essere gli
stessi che rilevano le impronte digitali o che prelevano campioni
biologici. E’ il caso dei tecnici di sopralluogo che operano in comandi
periferici (Compagnie Carabinieri o Commissariati di Polizia). La loro
autosufficienza arriva fino ad attività di ricerca e repertamento di ogni
tipo di traccia “normale”. In caso di scenari particolari, come ad
esempio un repertamento di prove informatiche o il sopralluogo in un
crimine in cui sono impiegati gli esplosivi, vengono chiamati in
ausilio degli specialisti del settore. Nel mondo delle indagini
scientifiche ci sono poi i tecnici di laboratorio. Personale altamente
specializzato che opera solitamente all’interno dei Reparti di indagini
scientifiche e il cui compito è quello di analizzare i reperti inviati dai
colleghi che hanno effettuato il sopralluogo sulla scena del crimine.
Nei laboratori vengono svolte analisi per comparare campioni di DNA
o per determinare le caratteristiche chimiche di frammenti di materiali
collegati in qualche modo al delitto. Questi specialisti difficilmente si
allontanano dal loro laboratorio e spesso sono in possesso di lauree in
materie scientifiche (chimici, biologi, ingegneri, ecc.). In questo
livello c’è spazio anche per soggetti non appartenenti alle Forze di
Polizia che operano all’interno di strutture convenzionate esterne. Le
investigazioni scientifiche sono quindi condotte da personale
altamente specializzato, motivato e dotato di attrezzature idonee. Ma
anche questo speciale comparto della Pubblica Amministrazione non
sembra essere immune dalla crisi economica che attanaglia il nostro
Paese oramai da più di un decennio. I materiali e le strumentazioni,
che come si è detto sono alla base dell’investigazione scientifica,
hanno spesso dei costi rilevanti. I prodotti necessari per evidenziare
tracce latenti (sangue, impronte digitali, ecc.) sono realizzati da poche
aziende internazionali specializzate, soprattutto statunitensi.
La mia esperienza in questo settore è decisamente “periferica” rispetto
agli specialisti della Polizia Scientifica e del RIS. Inizia nel 1981 con
il comando di un reparto speciale antiterrorismo per il controllo di un
carcere di massima sicurezza (Nucleo VEIPP). Nelle perquisizioni alla
ricerca di esplosivi venivano impiegati anche strumenti speciali e a
volte prodotti chimici. Poi dalla fine degli anni 80 ho cominciato a
studiare e anche ad acquistare tali prodotti come sperimentazione
personale e per l’impiego saltuario nell’attività investigativa al Nucleo
Operativo Speciale dell’Alto Commissario Antimafia. L’impiego era
legato al tentativo di evidenziare impronte latenti sulle lettere anonime
che a volte giungevano a quell’Ufficio, o per verificare l’attendibilità
di una fonte informativa. Poi in tempi più recenti, all’inizio del 2000,
con la fondazione dell’Associazione di criminologi ICAA
(International Crime Analysis Association), l’acquisto personale di tali
prodotti si è fatto più frequente, utilizzati per una loro valutazione
tecnica (l’ICAA si occupa tra le varie attività di studio, di “provare” i
nuovi prodotti di criminalistica e di stilare report per i suoi associati) e
per il loro impiego in attività di formazione. Ma proprio in relazione
all’acquisto di tali prodotti, nel 2007, ho potuto fare un’amara
scoperta: in occasione di un breve corso svolto in America, presso una
delle aziende che produce tali sostanze, mi sono reso conto che questi
“preziosi” materiali, all’origine avevano dei prezzi completamente
diversi da quelli reperibili in Italia. A volte circa il 50% in meno
rispetto ai cataloghi reperibili in Italia. Da dirigente di un Sindacato di
Polizia ho cominciato a svolgere delle indagini anche poiché diversi
poliziotti iscritti si erano lamentati delle scorte insufficienti di
materiale criminalistico e del fatto di non poter spesso soddisfare
lecite richieste da parte dei cittadini. Il prelievo delle impronte digitali,
la ricerca di reperti biologici e altre tracce (es. di scarpe) che
potrebbero individuare con certezza l’autore di un crimine, a volte,
specie nelle grandi città, non possono essere eseguiti dalle Forze di
Polizia in occasione di crimini definiti “minori”, come il furto di
un’autovettura o il furto all’interno di un’appartamento che però,
com’è noto, provocano danni enormi nei cittadini, anche di tipo
psicologico. In pratica le Forze di Polizia italiane acquistano i prodotti
per CSI da ditte italiane specializzate che li importano. Sul prezzo
iniziale al produttore si deve quindi sommare il ricarico per la ditta
importatrice e incredibile ma vero anche l’IVA e le tasse di
importazione.articolo strano
Questo avviene con i prodottti per criminalistica ma anche con i
software utilizzati dalla Polizia delle Comunicazioni per prelevare i
dati dalle memorie dei computer e per molte altre dotazioni speciali
che non vengono prodotte in Europa.
Ma allora la domanda sorge spontanea: visto che si tratta di materiali
che sono utilizzati da un’istituzione per funzioni di pubblica utilità,
come mai si deve pagare un dazio che raddoppia il loro costo? Una
spiegazione che mi è stata fornita dalle aziende di import-export è che
la pubblica Amministrazione sovente “paga” con un certo ritardo i
materiali che acquista e questa modalità è tristemente nota ai suoi
fornitori. Le lungaggini burocratiche sui pagamenti costringono le
aziende che forniscono i loro servizi alla P.A. ad organizzarsi
finanziariamente per sopportare i ritardi nei pagamenti. E gli
americani, si sa, vogliono essere pagati subito.
Ma questa spiegazione che potrebbe essere accettabile in linea teorica
non è a mio avviso soddisfacente nel merito. Per quale motivo un
cittadino non deve avere aspettative di giustizia per un problema
burocratico facilmente risolvibile dalla politica? E ancora: la carenza
di strumenti investigativi in quale modo può incrementare le attività
criminose?
Risparmiare qualche milione di euro all’anno (questo è il budget
destinato all’acquisto del materiale CSI) consentirebbe a un’istituzione
fondamentale come la Polizia di Stato di impiegare diversamente i
suoi fondi e di non chiudere, ad esempio, preziosi Commissariati e
Posti di Polizia periferici oppure permetterebbe di far rivedere in città
un numero congruo di volanti durante i turni di controllo del territorio.
Non parliamo del pagamento di arretrati e straordinari ai poliziotti per
non “personalizzare” questa polemica. Ma anche quell’ambito ha
pesanti ricadute motivazionali sul personale e di conseguenza sulla sua
resa in servizio.
In fondo basterebbe trasferire un solo poliziotto in America presso una
struttura diplomatica italiana che potrebbe ricevere gli ordinativi
direttamente dal Ministero dell’Interno (e dagli altri Ministeri per
Carabinieri, Guardia di Finanza, Forestali e Penitenziaria), comprare il
materiale necessario dalla ditta produttrice e spedirlo in Italia con un
sistema “esentasse”.
Questa operazione, che costerebbe di fatto il solo trattamento di
missione di un dipendente in USA (30/40 mila euro annue) farebbe
risparmiare in un colpo solo diversi milioni di euro alla Pubblica
Amministrazione.
Naturalmente, politici e burocrati in una situazione del genere sono in
grado di elencare immediatamente una serie interminabile di leggi e
regolamenti, con tanto di date e numeri di attuazione per tentare di
convincerci che una strategia del genere sarebbe “estremamente
complessa e non in linea con le norme,.. ecc. ecc.. “ Ma i tempi in cui
i politici riuscivano a convincere le persone con il “burocratese”
sembrano essere finiti speriamo definitivamente.
E il ruolo fondamentale del Sindacato è, oltre che tutelare il personale,
quello di individuare le storture nell’organizzazione e suggerire le
soluzioni per renderla più vivibile e produttiva. Il trasformare tali
suggerimenti in norme agili e di facile applicazione è compito dei
politici. In questo caso gli strumenti parlamentari a disposizione sono
innumerevoli e molto efficaci. In un paio di settimane si potrebbe
risolvere la situazione.
Chissà se qualche politico volenteroso a caccia di nuovi voti tra le
Forze di Polizia si farà promotore di questa campagna che la
CONSAP conduce oramai da diversi anni, senza alcuna risposta. Anzi,
da vari ambienti, i cui interessi sulla questione potrebbero essere
intuibili, si sono levate in passato delle pesanti critiche sull’iniziativa
della CONSAP e alcuni individui si sono schierati apertamente dalla
parte delle ditte specializzate di import-export che ovviamente
avrebbero un danno economico enorme da una eventuale legge che
conferisca capacità di acquisto internazionale diretto di attrezzature
speciali per le indagini scientifiche e per i dispositivi hardware e
software da digital forensics, alla Polizia di Stato e alle altre forze
dell’ordine.
Dott. Marco Strano, Funzionario di Polizia e Dirigente Nazionale della
Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (CONSAP)
01.02.2011

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