Cogne e Avetrana hanno costituito lo spunto per programmi televisivi

E’ stato affermato che il giornale è la storiografia del momento. Di certo lo è. Offre ogni giorno il quadro degli avvenimenti di quello precedente, che domani potrebbero costituire la materia prima per lo storico.

Tuttavia della massa di notizie che le agenzie quotidianamente sfornano viene pubblicato soltanto una parte. C’è una selezione secondo la loro importanza e gradimento. Così qualcosa, che potrebbe invece essere interessante, viene accantonata a vantaggio di altri eventi, più spettacolari e che indirettamente possono fare maggiore “cassa” od audience.

Sui fatti di Cogne e di Avetrana, come si ricorderà, non è mancato giorno che non ci siano stati degli aggiornamenti, come peraltro hanno costituito lo spunto per la realizzazione di programmi di rete, che hanno occupato per settimane parte dei pomeriggi. Così è anche avvenuto per quella signora che è conosciuta con il nome d’arte di Ruby Rubacuori. Purtroppo non hanno avuto lo stesso spazio e risalto altre notizie che più lo meritavano. Una è costituita dalla limitazione in Ungheria della libertà di stampa – se ne è interessato Internazionale, il settimanale diretto da Giovanni De Mauro, e qualche titolo è stato concesso dalla stampa cartacea – e tanto meno il recentissimo convegno organizzato a Roma da Alberto Spampinato sulle notizie scomode e le minacce ai giornalisti italiani e spagnoli.

Stessa sorte ad un’altra non meno importante. Il Presidente della Repubblica ha fatto esplicito riferimento, in occasione della passata Giornata dell’Informazione, al Codice di autoregolamentazione delle vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive. Ai processi mediatici, in breve sintesi. Quelli che si consumano quasi ogni giorno in televisione con la partecipazione di una miriade di esperti. Ma il processo, codice penale e di procedura e Costituzione alla mano, devono svolgersi solo dinnanzi al giudice, che siede una spanna più in alto del pubblico ministero e dell’avvocato difensore. Entrambi quest’ultimi sulla stessa linea. Non di certo di fronte ad un collegio formato da persone senz’altro di grande caratura, ma che non sono magistrati della Repubblica.

Senza traccia infine una recente decisione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. L’assemblea, dopo aver espresso il suo parere su quanto stava accadendo in Ungheria sulla libertà di stampa, ha menzionato 22 esempi di come le autorità di diversi Paesi, compresa l’Italia, hanno di fatto violato il diritto dei giornalisti alla segretezza delle fonti. Tale diritto si applica anche alle fonti negli ambienti giudiziari e ha altresì ribadito che le autorità devono svolgere indagini interne piuttosto che chiedere ai giornalisti di svelare chi ha fornito le informazioni. Il rispetto delle regole significa credibilità nella comunità internazionale.

Nel nostro Paese, come oramai tutti ben sanno, l’informazione è un servizio di preminente interesse pubblico, secondo quanto ha affermato anni addietro la Corte Costituzionale, e di qui il sostegno economico ai media, che comunque, per via delle ristrettezze del bilancio pubblico, si stanno riducendo non poco. Creano problemi di difficile soluzione. Soprattutto quelli occupazionali e a questi si accompagna una costante crescita degli addetti.

L’informazione in una società democratica e pluralista è senz’altro indispensabile poiché costituisce una garanzia, assicura il rispetto del diritto di informare e di essere informati e i giornalisti assolvono nel contempo un ruolo sociale. Sono loro i garanti della corretta informazione. Tutto questo evoca il più volte richiamato “cane da guardia” o la “scolta” di Joseph Pulitzer. Deve comunque essere super partes, non “partigiana” come ha sostenuto Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, al XXVI congresso celebrato a Bergamo all’inizio dell’anno.

La domanda ricorrente, richiede una esaustiva risposta, riguarda se svolgono sempre il loro ruolo di garanti, di rigorosi custodi dell’obiettività o sono invece i portavoce di interessi di parte. Se così fosse avrebbero abdicato a quel principio irrinunciabile che vuole che siano i responsabili della corretta informazione non subordinata ai voleri di altri. E’ così? Al di la di casi che porterebbero ad affermare che i “partigiani” non mancano per converso esistono pure i condizionamenti e le minacce. Non solo da noi. I giornalisti sono scomodi e lo si è constatato nei giorni delle manifestazioni a Il Cairo. A tutto questo deve reinnestarsi il discorso sull’obiettività.

E’ stato Brent Cunningham, redattore senior della rivista di giornalismo della Columbia University, con un suo saggio ad approfondire il tema, che successivamente su “I Problemi dell’Informazione” ha visto confrontarsi il Gotha della professione. Ebbene l’obiettività è stata finora uno dei cardini del giornalismo americano, l’equidistanza dal potere politico e finanziario, non è più così. A sostegno vengono citati gli esempi di Fox News, schierata a destra, e di Msnbc tutta a sinistra. Con il passare degli anni, e con i costumi in caduta, quelli che sembravano dei pilastri incrollabili incominciano a vacillare.

Il modello italiano risente delle sue radici e i suoi addetti, coloro che vogliono veramente assolvere il loro ruolo sociale, essere “cattivi” con i potentati per i superiori interessi della gente, che lavora e paga le tasse, hanno sempre una spada di Damocle sopra la testa. Guai a dire qualcosa che non sia di piaggeria. Ne sanno qualcosa Lirio Abbate, Rosaria Capacchione, Roberto Saviano e Nello Rega, per non accennare a tutti quei giornalisti del Sud sempre sul filo della corda.

La difesa della società, come si insegnava alla facoltà di giurisprudenza tanti anni addietro, era nelle mani del sostituto procuratore, ovvero della magistratura inquirente. Il principio è ancora valido e con l’assoluto rispetto dell’articolo 3 della Costituzione. Il malcostume si combatte con gli stessi mezzi ed apparati messi in campo per altre inchieste. L’informazione può fare la sua parte portando a conoscenza del cittadino quello che le istituzioni asetticamente fanno per lui. Il suo compito è quello di vedere e raccontare. Senza essere di parte poiché il suo referente è solo e soltanto il cittadinos

Dott. Gino Falleri – Presidente del comitato scientifico Atlasorbis

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Redazione Nazionale

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