Scrive Gino Falleri per Atlasorbis: non è sempre agevole parlare delle proprie cose, dei problemi che interessano una categoria con un suo peso nella società contemporanea. Qualche volta può essere utile farlo. Soprattutto perché la gente, pur attenta, non dispone dei giusti elementi per farsi una idea su quello che accade nel mondo del giornalismo e i relativi motivi. Conosce solo quello che viene pubblicato. Non ha cognizione, per esempio, delle ragioni per le quali gli editori da più di 850 giorni omettono di sedersi al tavolo delle trattative con la Fnsi per confrontarsi sul rinnovo del contratto. Sono per gli accordi individuali e possibilmente niente erga omnes.

Neanche i reali motivi per i quali il legislatore vuole imporre d’autorità il fermo sulla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, dando così un giro di vite al diritto di cronaca. Lo vuole limitare, anche per evitare incursioni in campo politico. Intenzione non accolta con favore dalle istituzioni della categoria, che hanno cercato di far sentire la loro voce. Flebile, comunque.

Sull’argomento l’Ordine del Lazio ha organizzato, per approfondire, un convegno con la partecipazione di Cossiga, Gambescia, Li Gotti, Pecorella, Caldarola, Giulietti e Franco Coppi e non sono mancati i giudizi negativi all’iniziativa. Ma sono da registrare anche pesanti condizionamenti sul flusso delle notizie, sempre se ci sia stato il rispetto dell’articolo 2 della nostra legge, su cosa deve essere portato a conoscenza della gente, che inquietano e faranno scendere di molti posti il nostro paese nella graduatoria mondiale sulla libertà di stampa.

Quello dell’informazione è senz’altro un mondo interessante, con le sue luci ed ombre, e da esaminare sotto un duplice profilo: il “ prodotto “ e le sue istituzioni, tutte a base elettiva. Il primo riguarda la qualità dell’informazione, il cavallo di battaglia del sindacato unico. Soprattutto la sua credibilità. Il giornalista deve essere obiettivo e rispettoso delle Carte dei doveri, dove si afferma che lui è il responsabile della corretta informazione e questa responsabilità non è subordinata agli interessi del governo, dell’editore, degli enti pubblici e dei terzi. E’ sempre così? E’ una domanda da lascia e raddoppia, ed è difficile dare una risposta. La dovrebbe fornire il lettore quando esercita i suoi diritti fondamentali che la Costituzione gli garantisce.

Il destinatario, quando legge od ascolta, non si pone l’interrogativo a quale elenco dell’albo appartenga l’autore dello scritto o del servizio radiotelevisivo. Sono i contenuti a fare la differenza, a suscitare l’apprezzamento. Sempre con riferimento al prodotto, e alla sua rispondenza, non si può non ricordare che, secondo gli studi di Hallin e Mancini, il nostro giornalismo è soprattutto legato agli apparati politici. Essendo un giornalismo di élite qualche perplessità la suscita e questa potrebbe anche essere una delle ragioni per cui non si riesce a far superare il muro dei 6 milioni di copie vendute al giorno.

Il secondo riguarda invece le rappresentanze. I soggetti, qualcuno anche folgorato sulla strada di Damasco, che dovranno interessarsi di far funzionare sia i Consigli regionali che il Consiglio nazionale. Le urne hanno dato risultati che non erano per niente prevedibili ed hanno modificato taluni scenari regionali. Ricordato che un ente pubblico, qual è l’Ordine dei Giornalisti, deve applicare la legge senza apportarvi modifiche, ha sempre il potere di proposizione. Sebbene i giornalisti talvolta sconfinino tra funzione pubblica e quella sindacale. Ha comunque il potere di indicare cosa si dovrebbe fare per rendere più agevole una legge, che mostra i suoi quasi 45 anni e prevede soltanto tre tipi di giornalismo.

Qualche aggiustamento intra moenia è possibile per conferire una maggiore funzionalità e tenendo ben presente che il legislatore non ha mai affrontato il problema dell’aggiornamento della legge del 1963. Il primo provvedimento dovrebbe essere quello di stabilire, una volta per tutte, che il Consiglio nazionale dell’Ordine ha un potere d’indirizzo e di controllo. Sotto lo schermo dell’autonomia decisionale non si possono tollerare travalicamenti, provvedimenti innovativi e interpretazioni unilaterali. I Consigli devono funzionare allo stesso modo. Non ci sono riti del Nord o del Sud.

Ai nuovi rappresentanti è affidato il compito di risolvere più di un problema. A cominciare dal digitale terrestre, che può portare a nuove figure professionali da inquadrare e regolamentare e al riguardo dovrà essere investito il legislatore. A seguire l’istituto della sospensiva. Non viene concessa e ci sono impugnative della Procura Generale della Repubblica, che vuole il rispetto dell’ordinamento giuridico e a cui si innesta il problema del danno non valutato a dovere. Poi la pubblicità e una recente sentenza della Cassazione, che ha rivoluzionato il “ credo giuridico “ dei giudici disciplinari di 1° e 2° grado sulla direzione dei giornali osé ed anche in questo caso l’ipotesi di una azione civile da parte del soggetto passivo.

I problemi non mancano e non si devono inoltre dimenticare accesso e formazione. L’industria della notizia mette a disposizione circa 300 posti all’anno. All’esame di idoneità si presentano in media 1500 candidati nelle due sessioni. Una buona parte usciti dalle scuole e con le dichiarazioni di ufficio. Quale la prospettiva? Andare a incrementare la schiera dei collaboratori e con la spada di Damocle della cancellazione dei minimi tabellari. Lo chiede l’Autorità garante della concorrenza. E’ la logica delle liberalizzazioni.

GINO FALLERI

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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