Nel nostro immaginario il rapporto madre – figlio è sempre stato visto come il massimo dell’amore possibile, il più lontano nel senso più assoluto da una possibilità delittuosa.
Eppure non è raro trovare degli squilibri nella relazione madre – bambino. Oggi la famiglia è cambiata, se fino a cinquanta anni fa la donna madre poteva contare su una serie di aiuti (la nonna, la zia, vari parenti), oggi la famiglia è nucleare, si vive in mini appartamenti dove l’individualità e la solitudine sono le condizioni che fanno da sfondo.
In un contesto del genere si possono covare molteplici malesseri, magari molto più diffusi di quanto si può pensare che accompagnano la maternità.
Ci sono madri che pensano di non essere all’altezza del compito perché viviamo in una società che richiede il massimo delle prestazioni in tutti i compiti: una bella famiglia, un’ottima carriera, un figlio perfetto…
Noi siamo condizionati a pensare che quando una madre uccide deve avere “qualcosa che non va”, in questo modo chiediamo ai media rassicurazioni sul fatto che a noi cosiddette persone “normali”, non può succedere. E invece questo non è sempre vero, o meglio non è vero che un atto del genere sia solo opera di madri psicotiche o con gravi problemi patologici.
Purtroppo esiste una casistica di madri dove non c’è traccia di disturbo mentale ma dove il rifiuto di se stessa come madre trova la causa nello stress sociale, nell’isolamento, nella vita frenetica. Le madri a rischio sono sole, perché chiedere aiuto significherebbe dichiarare il proprio fallimento.
La criminologia distingue l’infanticidio ed il neonatocidio dal figlicidio. I primi due possono avvenire entro il primo anno di vita del bambino e tra le cause vi è senz’altro una dinamica emotiva che consiste in un sentimento di ostilità della madre verso il bambino il quale viene percepito come un oggetto del proprio corpo fino a negarne a volte la gravidanza. E’ chiaro che in questi casi è importante il ruolo del medico affinché a livello preventivo possa intervenire laddove condizioni psicologiche sociali, ed esistenziali possano ritenersi a rischio.
In questo caso il binomio psicosi – violenza appare confortante perche’ riusciamo a dare delle spiegazioni: ci sono situazioni riportate anche in letteratura dove ci sono madri che maltrattano i figli, affette da disturbi della personalità con modesta intelligenza, facile irritabilità ed incapaci di mantenere un lavoro stabile. O ancora ci sono madri che risultano negligenti nell’assolvere il ruolo materno o che uccidono un figlio non voluto o perche’ pensano di salvarlo da una vita squallida e miserabile. Comunque di solito queste madri sono state vittime a loro volta di maltrattamenti.
Fin qui una spiegazione clinica riusciremo pure a darcela. Ma l’aspetto comunque più inquietante è dato dal fatto che negli ultimi dieci anni delitti così incomprensibili sono aumentati del 40%. E’ indubbio che la nascita di un figlio comporta una serie di modificazioni nello stile di vita da parte di entrambi i coniugi. Uscite serali, vacanze, ecc., devono essere ridimensionate. Forse la cultura di oggi può stravolgere la legge di natura, una cultura fatta di benessere a tutti i costi. Pertanto può capitare che un figlio venga visto come un ostacolo, perche’ è vero che, un bimbo deve nascere prima nei pensieri dei suoi futuri genitori i quali devono avere un progetto di vita ben chiaro.
Ma se i futuri mamma e papà sono abituati a vivere solo sul presente il figlio può essere vissuto come un ingombro. La situazione famigliare può diventare così frustrante da vivere come se si fosse vincolati senza poter decidere delle proprie aspirazioni personali. La vita stessa può diventare un incubo dove tutti i giorni i compiti che siamo chiamati a svolgere diventano montagne da scalare. Vi può essere la tendenza a reagire impulsivamente in condizioni di stress o di tensione, senza cercare di elaborare quello che si sta vivendo. Vi sono madri che non riescono ad accettare in sé i propri aspetti negativi, i quali vengono spostati sul bambino che diventa così il capro espiatorio della famiglia su cui si concentrano tutte le tendenze aggressive.
Può capitare che quando un bambino piange la madre pensa che ci sia una causa precisa : la fame, il fastidio di sentirsi bagnati, dolori addominali, per cui ella stessa interviene per risolvere questi problemi. Ma se il bambino continua a piangere allora ella vive tale situazione come un’accusa, come se il bambino stesso la stia rimproverando di non essere una buona madre. Laddove il figlio viene vissuto come la causa del fallimento della propria vita ci sono partners incapaci di aiutarsi e sostenersi reciprocamente: ciascuno pretende di ricevere dall’altro affetto e attenzioni che per primo non riesce a dare. Ciascuno ha affrontato il matrimonio con aspettative irrealistiche chiedendo al compagno amore e dedizione totale. E’ chiaro che in un contesto del genere la nascita di un figlio può diventare un evento altamente frustrante e può far scattare nella mente di soggetti profondamente immaturi l’idea di cancellare tutto forse con il peggiore dei delitti: il figlicidio.

Dott. Alessandro Papagni

Avatar

Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

Lascia un commento