L.A.P.E. per il Sociale scrive al Ministro Beatrice Lorenzin:

L’Associazione Liberi Professionisti Europei per il Sociale, a seguito di numerose segnalazioni pervenute, si rivolge alle SS.VV. per sollecitare un’adeguata soluzione del problema che tanto travaglia i malati di S.L.A, le loro famiglie e che sempre più coinvolge l’opinione pubblica.

A tal fine si rappresenta quanto appresso:
Malgrado l’introduzione del decreto-legge 25 marzo 2013 n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2013, n. 57, a parere della scrivente Associazione, non è venuta meno l’operatività del D.M. 5 dicembre 2006 che prevede la possibilità per il singolo malato di S.L.A. di ricorrere alle cure mediante l’utilizzo di cellule staminali.

E ciò, per le seguenti ragioni:

1) Innanzitutto va detto che nei confronti dei singoli malati di S.L.A. risulta inapplicabile la L. 57/13, la quale, ha come presupposto l’esistenza di altre valide risorse terapeutiche, che nella specie sono inesistenti. Pertanto, nel caso dei malati di s.l.a, per i quali manca una valida alternativa terapeutica, può essere adottata la procedura agevolata di cui all’art. 1, comma 4, del D.M. cit. sulla base del principio che non possono essere rifiutate, anche per ragioni etiche, misure, seppur compassionevoli, in grado di alleviare il decorso, anche se troppe volte infausto, della malattia.

Infatti, per quanto riguarda la patologia predetta, costituisce un dato di fatto inoppugnabile, anche sulla base di molteplici pronunce della magistratura, che le terapie compassionevoli in questione sono sicuramente efficaci, quanto meno a contenere la sofferenza dei malati. Inoltre, secondo autorevoli pareri espressi da nostri associati esperti di settore, l’utilizzo di tale terapia è servito anche a ridurre sensibilmente il rischio di infezioni.

2) In via generale, la legge non può violare il principio costituzionale del diritto alla salute e all’assistenza sanitaria richiamato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e, segnatamente, (Cass.. sez. III, 6/08/2010 N. 18378): “il diritto all’assistenza socio-sanitaria del disabile è un diritto assoluto ed inviolabile che, pur non potendo godere di un regime di riconoscimento automatico, non può subire limitazioni od impedimenti dovuti ai procedimenti amministrativi relativi al suo formale riconoscimento, una volta che sia accertata, in concreto, l’esistenza e la gravità dell’handicap, posto che, in virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata, ai sensi degli art. 2 e 32 Cost. della normativa di settore e sulla base dell’esame delle fonti costituzionali europee (la Carta di Nizza, applicabile “ratione temporis”, attualmente trasfusa nel Trattato di Lisbona, definitivamente entrato in vigore il 2 dicembre 2009), può desumersi che nell’Unione europea è garantito un alto livello di protezione della salute umana e che la solidarietà sociale è un principio interpretativo immanente, a livello europeo, della normativa interna”.

3) Sotto un ulteriore profilo, va sottolineato che la normativa non può violare il fondamentale principio di tutela rappresentato dallo “stato di necessità”, che si viene a realizzare nel caso in cui (come in quello in esame e come verificato ampiamente sia a livello medico che in sede giurisdizionale), non esiste altra terapia possibile capace di apportare miglioramenti, anche se minimi, e di rendere meno dolorosa l’evoluzione di una così grave e terminale patologia.

4) Altro presupposto di efficacia della legge 57/13, inoltre, è rappresentato dalla possibilità, in essa enunciata, di procedere ad una sperimentazione per i nuovi casi di ricorso alla terapia, fermo restando la legittimazione a proseguire le cure da parte dei pazienti già sottoposti al trattamento e per coloro che hanno già ottenuto un provvedimento giudiziario favorevole. Senonchè, paradossalmente, con un recente provvedimento del Direttore Generale del Ministero è stato deciso che la sperimentazione suddetta “non può ulteriormente essere proseguita”. Così facendo, di fatto, il recente provvedimento del Direttore Generale del Ministero della Salute finisce con il paralizzare l’attuazione della legge 57/13, con effetto sostanzialmente abrogativo, e conseguentemente, con il ripristinare l’operatività del D.M. 5/12/2006, sia pure per i casi da esso previsti. In altri termini, siamo in presenza di un vero e proprio “pasticcio” che non può ricadere certo a danno di una categoria di cittadini già sofferenti, stremati anche psicologicamente, per il mancato riconoscimento di legittime e fondamentali aspettative esistenziali.

5) Resta, comunque, l’amara considerazione che una simile “impasse” giuridica scaturisca dall’introduzione di una legge statale (L. 57/13) che, oltre ad essere divenuta priva di operatività ed efficacia concreta per le ragioni anzidette, risulta essere anche affetta da palese incostituzionalità. Infatti, laddove essa consente la sola prosecuzione dei trattamenti in atto o giudiziariamente già imposti, pregiudicando così le aspettative future di coloro che intendono sottoporsi al medesimo trattamento dopo la data di entrata in vigore della legge, viene a determinare una chiara situazione di disparità di trattamento, violando il principio fondamentale dello stato di diritto e di civiltà giuridica come da combinato disposto degli artt. 3 e 32 Cost.

In questa prospettiva, l’Associazione Lape, nell’ambito delle finalità costitutive, sente il dovere di appoggiare con estrema fermezza le istanze dei soggetti affetti da Sla e da analoghe patologie e di intraprendere le più opportune iniziative (anche di carattere propositivo) presso tutte le amministrazioni e/o altre sedi competenti, restando a disposizione di chiunque vorrà fornire notizie e qualsivoglia apporto concreto alla soluzione del problema.

Il Presidente
Il Vice Presidente Coordinatore

Dott. Carmelo Rinaudo
Avv. Gianluca Piccinni

(Lettera inviata al Ministro della Salute Onorevole Lorenzin, al Presidente della Regione Lazio Onorevole Zingaretti)

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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