Pare incredibile ma, dopo decenni di discussioni e un numero incalcolabile di proposte di legge succedutesi nelle diverse legislature e mai approdate ad una conclusione, proprio in coincidenza col trentesimo anniversario della legge n. 801 del 1977, è realmente possibile che in Italia veda la luce la nuova disciplina dell’attività d’intelligence e dei servizi d’informazione e sicurezza.

La Camera dei deputati ha infatti recentemente approvato a larga maggioranza, col consenso del Centro-Destra e del Centro-Sinistra – ed anche questo risulta assolutamente inconsueto nell’attuale legislatura – il testo delle norme che prevedono il “ Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto “,risultante dall’esame e dall’unificazione di ben diciassette diverse proposte di legge d’iniziativa parlamentare, presentate in tempi diversi praticamente da tutti i gruppi politici.

Lo stesso iter del provvedimento a Montecitorio è stato inusitatamente celere, vista la complessità e delicatezza della materia. La svolta è venuta anche attraverso l’accordo su alcune linee guida per la riforma, raggiunto informalmente nell’ambito del Comitato Parlamentare sui Servizi d’Informazione e Sicurezza e sul Segreto di Stato, e poi sviluppato, ma non stravolto, dalle forze politiche nel corso del dibattito nella I^ Commissione della Camera e quindi in Aula. Certamente hanno però molto influito, imprimendo un’accelerazione all’esame ed all’approvazione delle nuove norme, la gravità della situazione internazionale, i difficili contesti in cui si sono recentemente trovati a dover operare i nostri Servizi ed anche le polemiche innescate dai casi Abu Omar e Telecom. Il testo approvato dalla Camera è ora approdato all’esame del Senato e se, come tutto lascia pensare, anche in questo ramo del Parlamento si riproporrà la stessa ampia convergenza, la nuova disciplina potrebbe presto entrare in vigore.

Le nuove disposizioni, contenute in ben 46 articoli, affrontano, finalmente, con decisione la maggior parte delle questioni che agitavano le discussioni di operatori, esperti, giornalisti e politici sulla riforma dei Servizi e certamente appaiono, complessivamente, condivisibili ed idonee a conferire ai nostri Uffici d’intelligence strumenti più efficaci per affrontare le sfide dei tempi attuali in materia di sicurezza interna ed internazionale. Si può sintetizzare lo spirito complessivo della nuova legge dicendo che questa normativa attribuisce maggiori poteri e maggiori facoltà operative ai servizi d’intelligence a fronte di un controllo più puntuale ed efficace sul loro operato in riferimento al rispetto della legge e delle finalità istituzionali, in particolare da parte del Parlamento.

La responsabilità e la conduzione della politica dell’informazione per la sicurezza sono state confermate in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri, aumentandone però i poteri e realizzando nella persona del premier il vertice unico del sistema d’informazione, che si avvarrà, per lo svolgimento dei suoi compiti, del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), di nuova istituzione. Il direttore generale del nuovo Dipartimento sarà nominato direttamente dallo stesso Presidente del Consiglio, così come i vertici dei Servizi, e lo stesso Capo del governo potrà delegare parte delle funzioni in materia di informazioni e sicurezza ad un Ministro senza portafoglio o ad un Sottosegretario, che assumerà la veste di “Autorità delegata”.

Gli indirizzi generali e gli obbiettivi fondamentali della politica dell’informazione e della sicurezza saranno invece elaborati dal nuovo Comitato per la sicurezza della Repubblica, presieduto dallo stesso Presidente del Consiglio e composto dai Ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa, della Giustizia e dell’Economia, cui competeranno anche tutte le corrispondenti deliberazioni.

L’eterna diatriba relativa alla scelta tra un servizio unico d’intelligence o più servizi con funzioni diversificate, dopo molte discussioni, è stata però consensualmente risolta col mantenimento del c.d. “sistema binario”. I due nuovi servizi si chiameranno “Servizio informazioni per la sicurezza interna (SIN)” e “Servizio informazioni per la sicurezza esterna (SIE)” e, pur eredi degli attuali SISDE e SISMI, si conformeranno, riguardo alle rimodulate competenze, all’originario modello britannico del MI 5 e del MI 6. La scelta, insomma, è caduta sul criterio “territoriale” o “spaziale”, per cui all’interno del territorio dello Stato opererà in via esclusiva il SIN e all’estero soltanto il SIE, con pochissime eccezioni, tassativamente indicate, che però vedranno, nel caso, la collaborazione ineludibile tra i due servizi. La nuova ripartizione delle competenze comporterà, per esempio, l’attribuzione delle attività di controspionaggio al servizio interno, come da tempo veniva invocato da più parti (ma non dal SISMI!). Entrambi i Servizi dipenderanno, comunque, direttamente e unicamente dal Presidente del Consiglio e i loro direttori riferiranno costantemente sulle rispettive attività a lui, o, eventualmente, all’Autorità delegata, per il tramite del DIS. Cesserà, quindi, la dipendenza funzionale che, ancora attualmente, lega il SISMI al Ministro della Difesa e il SISDE al Ministro dell’Interno. Questi Ministri ed il Ministro degli Affari Esteri saranno viceversa ora informati tempestivamente dai nuovi Servizi “per i profili di rispettiva competenza”. Il Reparto Informazioni e Sicurezza dello Stato Maggiore della Difesa (RIS) continuerà a svolgere esclusivamente compiti di carattere tecnico militare (anche se cosa tale definizione comprenda non sempre è del tutto chiaro, N.d.R.) e di polizia militare, non rientrando ufficialmente nel Sistema di informazioni per la sicurezza. Il RIS dovrà, comunque, agire in stretto collegamento col SIE, secondo un regolamento che dovrà essere emanato entro breve dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Così delineato il nuovo Sistema dell’intelligence, non vi è dubbio che, al di là di pure importanti nuove disposizioni sulla tutela del segreto e sul c.d. “nulla osta di sicurezza”, sulla gestione degli archivi, sulla formazione e l’addestramento del personale – che viene unitariamente attribuita al DIS -, le più importanti innovazioni riguardano le, ormai famose, “garanzie funzionali” per gli operatori dei Servizi e le correlate disposizioni di natura penale. Innanzi tutto vengono introdotti, dalla nuova legge, alcuni articoli aggiuntivi al Codice di procedura penale che, sempre prevedendo come una sorta di “tramite responsabile” il Presidente del Consiglio, disciplinano le modalità di richiesta di atti, informazioni e documenti, nell’ambito di procedimenti penali in corso, da parte dei Servizi d’intelligence e, a rovescio, l’acquisizione degli stessi da parte dell’Autorità Giudiziaria, qualora questi si trovino presso le sedi dei servizi di sicurezza o siano coperti dal segreto di Stato.

La vera novità è però costituita dall’introduzione di una “causa di non punibilità” per il personale dei servizi di sicurezza che ponga in essere condotte che, di per sé, sarebbero previste dalla legge come reati, ma che siano viceversa state legittimamente e preventivamente autorizzate. L’autorizzazione, che consente la giustificazione delle condotte, è richiesta, secondo una procedura codificata, al Presidente del Consiglio, o all’Autorità delegata, dal Direttore del Servizio che, solo in casi di assoluta urgenza, può autorizzare direttamente i comportamenti “non convenzionali”, dandone però immediata notizia alle predette autorità per la necessaria ratifica. Pesanti sanzioni penali sono previste nel caso che le condotte di cui sopra siano assunte senza la prevista autorizzazione, o in violazione dei limiti in essa indicati. Invece che prevedere un’elencazione puntuale di tutte le situazioni astrattamente autorizzabili, attraverso una sorta di “tipizzazione” tanto complessa quanto poco pratica, si è quindi opportunamente preferito indicare in via generale le caratteristiche delle condotte autorizzabili, oltre alle modalità puntuali del rilascio dell’autorizzazione, e invece specificare tutti i casi di esclusione. Nessuna “licenza di uccidere o di ferire” è, quindi, ovviamente prevista! La speciale causa di giustificazione non si applica, infatti, se la condotta prevista dalla legge come reato configura delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità delle persone, così come sono esclusi i reati di attentato contro gli organi costituzionali, i diritti politici, l’amministrazione della giustizia, e quelli per i quali già non è opponibile il segreto di Stato. Assai più discutibile è invece l’esclusione assoluta della giustificazione prevista per questo tipo di attività, in ogni caso finalizzate alla difesa della sicurezza nazionale, nel caso fossero effettuate nelle sedi di partiti, sindacati ovvero nei confronti di “giornalisti professionisti iscritti all’albo”. In effetti questi ultimi, secondo il testo della norma, diventerebbero, immotivatamente a parere di chi scrive, le uniche figure a non poter essere oggetto di attività d’intelligence “non convenzionali”. Ci sarà, quindi, con ogni probabilità, una corsa di spioni e terroristi di ogni sorta a sostenere l’esame di giornalista professionista…!

A parte quest’ultima svista, che speriamo possa essere corretta dal Senato, anche la procedura per l’opposizione della speciale causa di giustificazione è ben delineata ed equilibrata, anche se forse un po’ farraginosa. Dovrebbe in effetti consentire la necessaria tutela degli operatori dei servizi, senza con ciò d’altro canto prestarsi ad abusi o illegittimità. In caso di perdurante contrasto tra il Presidente del Consiglio, che certifica di aver autorizzato la condotta, e l’Autorità Giudiziaria, che non ritenga tale autorizzazione legittimamente rilasciata e per ciò sufficiente a giustificare la commissione del reato, in ultima istanza sarà chiamata a risolvere il conflitto d’attribuzione, eventualmente sollevato, la Corte Costituzionale, con piena e totale conoscenza di tutta la vicenda. Per la più efficiente azione dei Servizi è pure prevista dalla nuova normativa la possibilità di utilizzare identità di copertura per gli agenti e di svolgere attività economiche simulate, così come vengono meglio disciplinati la raccolta e il trattamento delle notizie e delle informazioni per il perseguimento degli scopi istituzionali. A tutela dell’attività dei Servizi è pure posta una serie di norme specifiche relativamente all’utilizzabilità di eventuali intercettazioni a loro danno da parte dell’Autorità Giudiziaria, alle modalità di deposizione del rispettivo personale nei procedimenti giudiziari, alla rendicontazione contabile delle spese sostenute e alla destinazione a loro favore delle necessarie risorse finanziarie. Sopravvive, ma meglio definita, la norma fondamentale che impone ai direttori dei Servizi, ed ora anche del DIS, di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria (e quindi non direttamente alla Magistratura) le informazioni e gli elementi di prova relativamente a fatti configurabili come reati, di cui sia stata acquisita conoscenza nel corso dell’attività d’intelligence, ma l’adempimento di tale obbligo potrà essere ritardato, anche assai a lungo, vista l’indeterminatezza della norma, su autorizzazione ancora una volta del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Già si è detto che, a fronte di facoltà e garanzie certamente assai più ampie per i Servizi, maggiori sono i controlli previsti dalla nuova disciplina da parte del Parlamento, in particolare attraverso lo specifico Comitato bicamerale. Questo, la cui composizione aumenta da otto a dodici componenti, diviene per legge, e non più solo per prassi, “paritario” tra maggioranza e opposizione, con la presidenza pure definitivamente attribuita ad un componente della minoranza. Al “Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica” dovranno periodicamente riferire il Presidente del Consiglio, o l’Autorità delegata, i Ministri membri del CISR, il direttore generale del DIS e i direttori del SIE e del SIN. Il Comitato, nella sua attività di controllo, potrà assumere informazioni e documenti dal Governo, dall’Autorità Giudiziaria e dalle Commissioni parlamentari d’inchiesta; ad esso dovranno essere trasmessi tutti i regolamenti e le Direttive del Presidente del Consiglio sulle materie di competenza, nonché i decreti e i regolamenti concernenti l’organizzazione e il personale dei Servizi, così come dovranno essere tempestivamente comunicate le istituzioni degli archivi e, attraverso la tradizionale relazione semestrale, i criteri adottati per l’acquisizione dei dati personali raccolti. Ma specialmente, al Comitato parlamentare spetteranno competenze in materia di controllo sulle risorse economiche e sulle spese dei Servizi ed esso sarà costantemente informato dal Presidente del Consiglio, entro trenta giorni dalla conclusione di ciascuna operazione, di tutte le condotte previste dalla legge come reato autorizzate e poste in essere dagli appartenenti ai Servizi d’informazione e Sicurezza. Questo controllo più penetrante comporterà, per contro, giustamente vincoli di segretezza assai più rigidi per i componenti del Comitato parlamentare, con sanzioni articolate e più gravi che in passato, per le violazioni degli stessi.

La disciplina del Segreto di Stato, che pure viene radicalmente modificata dalla nuova legge, meriterebbe un discorso a parte e andrà certamente approfondita separatamente, considerata l’ampiezza e la delicatezza del tema. Anche qui, comunque, a fronte di un buon impianto complessivo delle nuove disposizioni, ispirate ai principi della diversificazione e limitazione temporale del segreto, lascia molto perplessi il tempo troppo ridotto a cui, in concreto, il segreto di Stato diverrebbe soggetto, con conseguenze immediate che probabilmente non sono state del tutto valutate dai Deputati e che, auspichiamo, possano invece essere meglio ponderate nel corso dell’esame presso il Senato della Repubblica.

Non c’è dubbio, in definitiva, che, a trent’anni dall’entrata in vigore della precedente normativa, ci si aspetti molto da quest’ampia riforma in termini di miglioramento del sistema dell’intelligence italiano. Le premesse sono buone, ma solo il tempo e l’applicazione effettiva potranno darci risposte adeguate. Ora c’è la necessità che questa disciplina entri rapidamente in vigore e che quindi i lavori parlamentari si concludano positivamente con urgenza. La sicurezza dello Stato, e cioè quella di tutti i cittadini, non consente di attendere oltre.

On. Prof. Avv. Pierfrancesco Gamba Deputato

già Segretario del Comitato Parlamentare sui Servizi

di Informazione e Sicurezza e per il segreto di Stato

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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