Disamina dei temi della trasmissione “Apprescindere” di RAI 3 alla quale ha partecipato Massimiliano Acerra di doppiolavoro.com A seguito della partecipazione alla trasmissione televisiva “APPRESCINDERE” andata in onda lunedì 13 febbraio 2012 alle ore 11.00 con la partecipazione in diretta nazionale di Massimiliano Acerra, è utile rimarcare alcuni punti in parte evidenziati nel contesto del dibattito ma non adeguatamente approfonditi per questioni di tempistiche ristrette.

Innanzitutto occorre puntualizzare l’aspetto molto generalizzato che contraddistingue le trasmissioni televisive e gli organi di stampa nazionale che trattano tematiche inerenti lavori extra dei pubblici dipendenti.
La generalizzazione comporta spesso il fattore deleterio in carico all’opinione pubblica, di inquadrare l’intero settore del pubblico impiego come l’organigramma di una moltitudine di truffatori legalizzati in libero movimento privi di controlli e sorveglianze particolari.
Purtroppo tale inquadramento, tale cognizione, scaturisce dai grandi numeri proposti dalle testate giornalistiche. Numeri che esprimono implicazioni per milioni di euro, che certo hanno il gran potere di fare notizia. I grandi numeri fanno sempre notizia.
Ma è utile segnalare che i dipendenti pubblici oggetto dell’inchiesta segnalata il 27 dicembre sul “Corriere della Sera”, per quanto possano aver posto in essere episodi truffaldini o comunque illeciti da reprimere, sono circoscrivibili in qualche migliaio (circa 3.300 unità nel 2011) cioè, considerando circa tre milioni e seicentomila pubblici dipendenti presenti sul territorio italiano appartenenti ai vari comparti, appena l’uno per mille del totale. Una stragrande minoranza, ma che ha l’effetto e la potenzialità di gravitare nell’opinione pubblica una visione truffaldina dell’intero comparto.
Con ciò è utile evidenziare che la comunità di doppiolavoro.com è rivolta alla legalità, cercando di porsi alla stregua di uno spartiacque tra dipendenti e amministrazioni ed evidenziare, con lodevole razionalità, anche le anomalie poste in essere dai dipendenti. Per tale motivazione, ed essendo colui che scrive per primo un pubblico dipendente, non possiamo negare che nel pubblico impiego dimorino una moltitudine di episodi di assenteismo, di piccoli ritardi non controllati, di carenza di controllo, di eccessiva lentezza nell’elaborazione delle pratiche, di scontrosità del pubblico dipendente nei confronti del cittadino che si rivolge alla pubblica amministrazione. Chiaramente trattasi di casi spesso circoscritti che generano comunque nel cittadino una visione alquanto insalubre della pubblica amministrazione e dei relativi lavoratori, spesso poco incentivati a svolgere il proprio lavoro con celerità, dinamismo ed efficienza anche a causa della mancanza del requisito della produttività spesso richiesto nel contesto privato o forse per altri fattori come l’assenza della meritocrazia e la carenza di glorificazione dei soggetti realmente meritevoli.
Fattori tutti ottimizzabili e perfezionabili dalle amministrazioni con un’adeguata evoluzione e modernizzazione del comparto.
Ma generalizzare è certamente una posizione deleteria. E’ più appropriato localizzare e migliorare.
Inoltre negli articoli di stampa, ancora si evince come i quadri dirigenziali siano oggetto di casi con riscontri numerici esorbitanti in merito alle retribuzioni per doppie attività non autorizzate o comunque illecite. Utile segnalare che, come in ogni settore, i quadri dirigenziali abbino, di fatto, un’implicanza fortemente minoritaria, visto che la parte dirigenziale si può localizzare al massimo in un 20% dell’intero comparto. Chiaramente sono comunque numeri che fanno notizia.
Mentre i piccoli numeri non fanno notizia. Ma è utile evidenziare e ancora sottolineare che i piccoli numeri sono la radice vera della problematica e che, sommati, hanno implicazioni numeriche esorbitanti, molto superiori ai riscontri evidenziati dalla stampa, e da sempre sottovalutate.
Per fare solo un piccolo esempio inerente a quest’affermazione, proviamo a pensare ai piccoli mestieri e attività extraprofessionali esercitate dai normali dipendenti, quelli con stipendio parificabile ai normalissimi lavoratori, operai, dipendenti privati o quant’altro.
Pensiamo che questi utenti, per arrotondare, spesso esercitano piccole attività comuni che comportano introiti per trecento, cinquecento, settecento euro mensili. Piccoli numeri che non fanno notizia.
Nella fattispecie non si parla certo dell’uno per mille dei dipendenti, ma di una percentuale molto più rilavante. Pensiamo ad esempio al 15% del totale (e potrebbe essere una stima sottovalutata).
Si tratta della percezione di retribuzioni che, sommate, gravitano dai 5.000 ai 7.000 euro annui pro-capite. Piccoli numeri. Bassi introiti, adeguabili giusto ad un arrotondamento dello stipendio.
Ma il 15% di 3.600.000 dipendenti identifica circa 540.000 utenti. (E probabilmente trattasi di stima piuttosto ristretta…) E qui i numeri son un po’ maggiori. (contiamo che la rispettiva percentuale di attività autorizzate e legalizzate si attesta su percentuali davvero molto basse…)
Moltiplichiamo circa 540.000 unita per una delle piccole somme di retribuzione annua percepite dal comunissimo dipendente… (5.000 – 7.000 euro) che ricordo sono solo una media. Gli introiti potrebbero essere superiori.
Allo strabiliante risultato numerico che probabilmente esaurisce tutte le cifre disponibili di una normale calcolatrice, ponete accanto la dicitura: “milioni di euro”.
Ed ecco il risultato dei piccoli numeri, quelli che non fanno notizia, quelli che nessuno conta, perché i grandi titoli, per far scalpore, visionano quell’uno per mille di dipendenti che hanno alti introiti, perché gli alti guadagni fanno notizia, i piccoli no.
Ed ecco la notizia che comporta il vero scalpore: la maggioranza di queste piccole attività sono legalizzabili, autorizzabili in base alla legge, sia sotto gli aspetti del regime autorizzatorio delle amministrazioni, sia sotto gli aspetti fiscali.
Purtroppo, per le problematiche segnalate nei precedenti articoli con tanto di statistiche, sondaggi e responso dei diretti interessati (numeri che nessuno porta mai alla luce con dovuta dedizione), il dipendente spesso non si regolarizza a causa di gravi problematiche strutturali del regime autorizzatorio, per scarsa informazione offerta al dipendente e alle stesse amministrazioni, conformazioni mentali recalcitranti dei soggetti preposti al rilascio delle autorizzazioni, eccessiva e deleteria discrezionalità che comporta prese di posizione spesso diverse all’interno della stessa amministrazione per attività con i medesimi requisiti tecnici, limiti discrezionali di esercizio spesso diversi nei medesimi comparti totalmente lasciati al libero arbitrio delle singole amministrazioni e molto altro.
Pertanto, la risultanza effettiva dei dati, evidenzia che solo una piccolissima parte dei dipendenti che non si regolarizzano rientrano nei contesti di effettiva ingiustificata negligenza diretta e personale. La larga maggioranza non si regolarizza per effettive problematiche di settore spesso non riconducibili alla responsabilità propria del dipendente. Il lavoro sommerso troppo spesso è conseguenza di certe carenze.
Attenzione, in ultimo, a non fare confusione in merito al tenore delle affermazioni: doppiolavoro.com è una comunità dedita alla legalizzazione e non un incitamento al libero esercizio incondizionato di attività secondarie. Per questo suo speciale intento, al quale aggiungerei un obiettivo rivolto al miglioramento, all’evoluzione generazionale e alla modernizzazione del comparto, è utile come sempre precisare che la comunità sviscera le problematiche reali del settore, quelle che probabilmente nessuno conosce o che paradossalmente tutti conoscono ma nessuno porta alla luce con altrettanta dedizione, razionalità e coraggio.
Il miglioramento non è rivolto, come si può erroneamente pensare, solo al comparto del pubblico impiego. Tutt’altro. Da cittadino Italiano mi sento di offrire spunti di ottimizzazione ed evoluzione valida per l’intera collettività.
Offrendo una riforma del settore volta alla maggiore trasparenza generale del regime autorizzatorio con una rivisitazione di limitazioni, requisiti, trasparenza normativa e d’informazione, evoluzione mentale e quant’altro, il risultato comporterebbe l’emersione di una grande maggioranza di attività che hanno implicazioni numeriche del tenore appena menzionato. Maggiori gli introiti dello Stato, migliori le entrate fiscali. Attività in regola e un’altra delle maggiori piaghe italiane risolta nell’interesse della nazione e della collettività.
Altra precisazione che appare utile circostanziare, spetta alla battuta rivolta dall’ottimo giornalista Antonio Signorini del “Giornale”, il quale affermava che il pubblico dipendente ha delle agevolazioni mentre il privato non può esercitare il doppio lavoro per non imbattersi nel rischio di licenziamento.
Doveroso precisare che al contrario il privato ha piena facoltà di esercitare attività extra-professionali (escludendo eventuali clausole imposte da isolate e circoscritte aziende), semplicemente aprendo la gestione separata INPS, con l’esonero del pagamento dei contributi previdenziali per introiti percepiti al di sotto dei 5.000 euro annuali. Il regime delle incompatibilità è pressoché ridotto a zero, e il dovere di esclusività previsto dall’art. 97 della costituzione non sussiste per il privato.
Il lavoro occasionale previsto dall’art. 61 del decr. 276/03 è aperto a tutte le tipologie di lavoratori dischiudendo pienamente le porte al privato.
In conclusione, il consiglio che si richiedeva di offrire ai dipendenti pubblici in merito al contesto delle attività extra-istituzionali sommerse? E’ sempre il medesimo: proseguire e perseverare sulla strada della legalità. Anche se si incontrano immensi scogli sulla strada della regolarizzazione (spesso conditi da episodi irrazionali privi di buon senso e di coerenza logica), anche se spesso la tentazione conseguente è quella di permanere nel sommerso.. Perseverare sempre sulla strada della legalità.
Rompere il muro, creare casistiche, segnalando le anomalie all’ufficio ispettorato istituito presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. Solo in questa maniera si aprirà la strada dell’evoluzione del comparto, nell’interesse degli stessi dipendenti e soprattutto nell’interesse comune della cittadinanza Italiana e della collettività.
I piccoli numeri non hanno mai fatto notizia, ma è giunto il momento di iniziare a conteggiarli e comprendere veramente le motivazioni, le esigenze e le implicazioni numeriche che gravitano dietro alla problematica. Comprendere perché i dipendenti si sono riuniti in una community rivolta ad una trasparenza inesistente e nella quale vengono proposti quesiti totalmente smarriti volti alla comprensione di una tematica sommersa.

A tal proposito sarà utile rivedere l’articolo pubblicato in replica propositiva al “Corriere della Sera” Intitolato: “Oggettività fantasma che nessuno vuol vedere”, che presenta anche ottimi spunti di risoluzione della tematica, presente al link: http://www.atlasorbis.it/doppio-lavoro/289-oggettivita-fantasma-che-nessuno-vuol-vedere.html

Resta l’attesa di riforme del settore. La cerca il pubblico dipendente e, soprattutto, la vuole il cittadino nell’interesse della collettività.

Massimiliano Acerra.

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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