A volte l’arte può rappresentare in modo insospettabile e realistico una scena del crimine, questo quadro di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio intitolato la Decollazione di san Giovanni Battista palesa in modo inequivocabile questo accostamento apparentemente azzardato ma quanto mai veritiero.

Il dipinto si trova nell’Oratorio della Cattedrale di San Giovanni Battista a La Valletta (Malta).

É un quadro di grandi dimensioni (3,61 per 5,20 mt. circa), olio su tela, dipinto dall’artista nel 1608, durante il suo soggiorno a Malta , dopo la precipitosa fuga da Roma a causa di una condanna ricevuta per omicidio, circostanza che si ripeterà più volte nella vita dell’artista.

Il pittore dipinse il soggetto sacro per il Gran Maestro Alof di Wignancourt per l’altare della cappella dedicata al Santo. A Malta, dove come detto soggiornò per qualche mese, Caravaggio fu investito del titolo di Cavaliere di Grazia dall’Ordine il 14 luglio 1608.

Tuttavia il 6 dicembre dello stesso anno il pittore fu cacciato dall’Ordine e arrestato in seguito ad una lite con un cavaliere di rango superiore. Nella tela è rappresentato il celebre episodio narrato dai Vangeli di Matteo e Marco: il re Erode fa uccidere Giovanni Battista per compiacere la bella Salomè, che ne ha chiesto la testa in dono.

L’iconografia tradizionale in genere mostra il capo già mozzato di Giovanni offerto alla donna su un vassoio, mentre rara è la raffigurazione dell’evento cruento nel momento stesso della decollazione.

Caravaggio decise invece di proporre proprio l’atto più drammatico e più carico di pathos, quello immediatamente antecedente alla decapitazione.

La scena del dipinto si svolge all’interno di un cortile di una prigione, come dimostrano i due detenuti che osservano la scena da una grata; il chiaroscuro di una notte che ormai volge alla fine avvolge i personaggi, il fatto avviene infatti probabilmente alle prime luci dell’alba e solo un raggio di luce fa percepire l’orrore dell’esecuzione nella sua cruda drammaticità.

Il carceriere che assiste imperturbabile alla scena ha le fattezze di Philippe de Wignancourt, fratello del Gran Maestro dell’Ordine; in San Giovanni Battista il pittore ha rappresentato probabilmente la sua vittima. Infatti quello che dovrebbe essere un soggetto ammantato di religiosa sacralità appare più come un semplice omicidio, un regolamento di conti in cui un sicario esegue gli ordini di un mandante, forse lo stesso Philippe.

Un omicidio a cui probabilmente l’artista ha assistito davvero, uno dei tanti della sua vita breve e dissoluta.

Il Santo sta esalando l’ultimo respiro e il boia sta per dargli il colpo di grazia con il pugnale che stringe in pugno; a fianco si nota la spada con cui è stato sferrato il primo colpo e sulla destra pende la fune a cui San Giovanni era legato e che è stata recisa poco prima.Gli altri personaggi sono una giovane donna con il bacile, nell’iconografia classica Salomè, che dovrà raccogliere la testa del Santo una volta tagliata e una donna anziana che, sconvolta da tanta barbarie, si stringe la testa tra le mani mostrando i segni di una disperata rassegnazione.Caravaggio impresse la sua firma nel sangue che zampilla dalla ferita del Battista; si legge “F(ra) Michelangelo”, l’ultima parte del nome è però poco leggibile.

Questo particolare e le sue dimensioni rendono l’opera unica. Quando il pittore, poco tempo dopo, fuggì dall’isola, la bolla accusatoria con cui veniva cacciato dall’Ordine fu letta proprio davanti a questo quadro.In questo caso siamo di fronte ad un artista immenso che spesso ha reso protagonisti dei suoi quadri uomini e donne prese dalla strada: barboni, mendicanti, prostitute, e in questo caso quella rappresentata potrebbe essere davvero la ricostruzione di una scena del crimine ante-litteram, una delle tante di cui l’artista è stato testimone oculare se non addirittura assassino, poiché la bravura con cui maneggiava la spada era pari a quella con cui guidava il pennello.

Dott. Marino D’Amore

Ricercatore in Criminologia Università L.U.de.S., Lugano, Svizzera

Roma 1 Marzo 2014

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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