Negli ultimi anni gli autori delle serie TV americane hanno cercato la loro ispirazione nel mondo della musica, e non parlo delle serie musical come “Glee” o “Galavant”, ma di storie che offrono uno spaccato di ciò che è o era la vita dei musicisti e il loro rapporto con la discografia. Ne sono un esempio serie come “Nashville” – che parla del mondo della musica country-, “Empire” – rap, pop, R&B-, “Sex, drugs and Rock’n’Roll” ma soprattutto “Vinyl” (all’appello manca la serie “Rodies” serie di Showtime creata da J.J. Abrahams sulla vita dei rodies – anche noti come road crew – i tecnici che viaggiano assieme ad una band durante le tournée, e non ancora uscita in Italia). Ritengo  che “Vinyl” tra quelle citate sia la più riuscita, infatti, al pari di “Empire”, che lo fa per i nostri giorni, ci offre uno spaccato del mondo musicale degli anni ’70 ma non strizza l’occhio alla soap. Si occupa, prevalentemente, di musica rock ma da’ spazio anche a punk, blues, disco e funk, e descrive la società, il mondo artistico dell’America di quegli anni  e la vita dei musicisti dall’atto artistico al rapporto con il mondo discografico, in pratica racchiudendo tutto quello che presente atratti nelle altre serie con un linguaggio a volte crudo a volte onirico, creando un mix esplosivo e coinvolgente.imagesLa serie (prodotta da HBO e in onda in Italia su Sky Atlantic) nasce dalla mente di due leggende nel rispettivo campo artistico: Mick Jagger, leader dei Rolling Stones, e Martin Scorsese, regista che oltre a tanti film notissimi ha fatto un docu – film sugli stessi Stones “Shine a light”, ha partecipato come assistente alla regia e montatore a Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (Woodstock)  e ha diretto “No direction home: Bob Dylan”, e che ha diretto anche l’episodio pilota. E la serie è un perfetto connubio tra i due: mentre da una parte ci vengono presentati gli eccessi e le disavventure di Richie Finestra, il produttore discografico, e degli artisti che incontra, blandisce, tradisce o dai quali viene tradito nella sua carriera; dall’altra vediamo come la sua italianità si deve confrontare con il mondo dei boss mafiosi e senza scrupoli, con personaggi dalla dubbia moralità, coinvolto nei loro loschi traffici e macchiandosi addirittura di omicidio, tema tipico del racconto filmico di Scorsese. Tra un concerto dei Led Zeppelin, una trattativa con un Elvis Presley ormai imbolsito e prossimo alla fine, i capricci della giovane band di punk (i Nasty Bits il cui leader è interpretato dal figlio di Jagger, James) scoperta da Finestra, l’abuso di alcol e droghe, l’ambiente della Farm di Warhol di cui fa parte la moglie di Finestra, gli affari con la mala veniamo catapultati in una perfetta rappresentazione dell’ambiente musicale e di quella fucina che era New York negli anni settanta e che fa da sfondo all’epopea di Finestra. Richie è un discografico dall’intuito infallibile, il suo orecchio scopre immediatamente la genialità di un artista, ha una cultura musicale profonda che non si spaventa delle novità ma è anche un uomo che lotta con i propri fantasmi e che cerca di tenere insieme i pezzi della sua vita in attesa di una rinascita che fatica ad arrivare. Le musiche sono eccezionali, perfetta miscela tra brani classici e brani originali creati per la serie ma che riproducono lo stile di quegli anni. La regia segue i personaggi e soprattutto Finestra, cardine assoluto della storia, con ritmo incalzante, spostandosi dal presente al passato della vita di Finestra, spiazzandoci con colpi di scena che ci mostrano il lato umano e fragile dei personaggi.

E’ una serie da vedere (e la consiglio in lingua originale) godendosi il racconto di un mondo musicale e artistico visto con occhio critico e al tempo stesso affettuoso, senza cedere alla nostalgia.

16/5/2016

di Alessandro Poluzzi

 

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Redazione Nazionale

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