Il Ddl di stabilità prevede importanti riduzioni di stanziamenti economici alle Forze di Polizia.

Tra le misure che saranno adottate, c’è quella della decurtazione stipendiale per gli appartenenti alla DIA (T.E.A. – trattamento economico aggiuntivo – previsto normativamente sin dal 1992 quando è stata ’istituita la DIA – per il grado di ispettore sono 320 euro al mese).

Lo stesso DDL, oltretutto, prevede meno stanziamenti per i Fondi di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura.

Nel quadro generale dei tagli, quello effettuato nei confronti dei 1300 agenti DIA è, senza dubbio, il più rilevante.

Una decurtazione stipendiale così alta – anche oltre il 20% della retribuzione mensile (uno stipendio di un ispettore con 32 anni di servizio è di circa 2000 euro) non è stata attuata nei confronti di alcuna categoria. Nessun Paese europeo ha deciso un taglio così alto della retribuzione mensile.

Gli stessi operatori DIA, in quanto appartenenti alle FF.PP., tra l’altro, sono già stati colpiti dal Decreto Legge 78/210, che prevede gli stipendi bloccati fino al 31.12.2014, nessun riconoscimento stipendiale relativo al compimento dell’anzianità di servizio (cd. assegno di funzione), nessun riconoscimento stipendiale per avanzamento di grado, riduzione del premio produttività e per finire sembra che ci siano tagli sugli straordinari e sulla tredicesima.

In questi ultimi anni abbiamo già assistito a riduzioni rilevanti di fondi destinati alla struttura investigativa, dai 28 milioni di euro nel 2001 agli attuali 15 milioni di euro nel 2011.

Nel frattempo, il Ministero dell’Interno continua a destinare spese per affitti a privati. Il costo di locazione della sede di Roma stabile ove è collocata la DIA ed altri uffici del Dipartimento della P.S. ammonta a circa 17 milioni di euro l’anno. Per fare un altro esempio, a Firenze, le strutture della Polizia di Stato, compresa quella del Centro Operativo DIA, costano circa 7 milioni di euro l’anno.

Un taglio netto a questi costi sarebbe attuabile da subito, giacché esistono strutture dello Stato – caserme – in disuso.

Perché, così affermato dall’ex Procuratore Nazionale Antimafia, Pierluigi Vigna, non si destinano parte dei proventi confiscati al Comparto Sicurezza?

Con questa scelta, invece, si vuole colpire una struttura fondamentale nella lotta alla criminalità mafiosa.

La domanda che ci stiamo ponendo tutti noi è la seguente:

Perché questo provvedimento nei confronti di poliziotti, carabinieri e finanzieri della DIA?

La prima cosa che ci viene in mente è quella che le ragioni di questo – per usare un termine contemplato nelle specificità dell’Ufficio – “AGGRESSIVO ATTACCO AI PATRIMONI” degli uomini della DIA, sia dovuto proprio alla peculiarità del lavoro svolto.

Le attività che la DIA sta svolgendo, sono state considerate sempre, così come per numerosi esponenti di questo governo, fondamentali, ponendo sempre l’accento, sul ruolo prioritario di contrasto alla criminalità mafiosa.

Basti pensare anche alla recentissima dichiarazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, il quale ha affermato: “forte l’impegno del governo ad aumentare le risorse a disposizione del comparto anche attraverso il potenziamento dell’azione di utilizzo dei patrimoni sottratti alla criminalità organizzata che ammontano oggi complessivamente a 25 miliardi di euro, il 300% in più rispetto ai tre anni precedenti”.

Lo stesso ministro, mercoledì 26 scorso, nel “question time sulla questione Dia” ha affermato che il taglio si rende necessario per equiparare gli stipendi ad altri uffici, ROS dei Carabinieri, il GICO della Guardia di Finanza e lo SCO della Polizia di Stato, che svolgono le stesse attività della DIA.

In merito alla risposta, dell’on. Vito, all’interrogazione parlamentare presentata dal Partito Democratico e da Futuro e Libertà, si può tranquillamente affermare che negli anni, alcune sentenze del TAR e del Consiglio di Stato hanno stabilito il contrario. Citando quanto riportato nell’ultima sentenza del Consiglio di Stato del 2007, con la quale è stato rigettato il ricorso presentato da personale della Direzione Centrale Servizio Antidroga:

“.,..l’intento legislativo era, in definitiva, quello di compensare in modo specifico ed esclusivo, i compiti attribuiti in via originaria al personale della DIA e non quelli di altri organismi, sia pure ad essa assimilabili sotto il profilo funzionale…”

“….che tale ambito non consente di ritenere sussistente una univocità o identità delle prestazioni dagli predetti organismi espletate, considerata la totale equidistanza delle professionalità e delle competenze del personale della DCSA e della DIA, operando quest’ultima in particolare – per via della variabilità del fenomeno dell’associazionismo mafioso e della sua continua adattabilità a condizioni eterogenee, con i vari obiettivi da perseguire – in un vasto circuito criminale, nel quale il traffico illegale di stupefacenti, in definitiva, costituisce soltanto una parte eventuale ed essendo comunque tenuta la DIA stessa a valutare nel suo operare più variabili ed incognite che certamente incidono sulla complessità e delicatezza dell’attività investigativa esercitata….”

Perché, allora, si decide di colpire solo ed esclusivamente la DIA?

La DIA,

– è impegnata ancora nelle indagini relative alle stragi del 1993 tra l’altro con ottimi risultati non ultimo l’ergastolo per tutte le stragi nei confronti di TAGLIAVIA e l’attendibilità del collaboratore SPATUZZA;

– ha intensificato l’attività volta alla prevenzione e neutralizzazione delle infiltrazioni mafiose nel sistema economico-finanziario, monitorando gli investimenti pubblici, contrastando il riciclaggio di denaro illecito e aggredendo gli ingenti patrimoni illecitamente accumulati dalle associazioni di tipo mafioso, attraverso misure di prevenzione antimafia;

– ha accentuato il monitoraggio degli appalti pubblici, procedendo alla verifica, solo negli ultimi tempi, di oltre un migliaio di società ed imprese collegate impegnate nella realizzazione di opere pubbliche, fornendo ai Prefetti della Repubblica informazioni utili per l’emissione di provvedimenti interdittivi antimafia.

Dal 1992 ad oggi la DIA ha contribuito al sequestro di oltre 11 miliardi di euro ed alla confisca di circa 2 miliardi di euro.

Concludendo, citando Antonino Caponnetto, un giudice e un uomo che è stato in prima linea nella lotta alla mafia e che, chi scrive, ho avuto il piacere e l’onore di scortare. Nel libro di Saverio Lodato “I miei giorni a Palermo” è riportato questo pensiero sulla DIA:

“Non vorrei che a qualcuno fosse venuto in mente di comprimere o limitare i poteri di un organismo che già lavora in condizioni difficili…il mio auspicio è che si pensi a potenziarla, piuttosto che inventare nuove figure….”

Caro Nonno Nino – com’era affettuosamente chiamato Caponnetto dagli uomini della sua scorta – stai tranquillo, noi non ci arrendiamo e continueremo a lavorare fino in fondo!

Firenze, 2 novembre 2011

Renato Scalia, Direttivo Regionale Silp per la Cgil e Consigliere della Fondazione Antonino Caponnetto

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Di Atlasorbis

Redazione Nazionale

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