anarchia

Un vecchio sceneggiato in bianco e nero, trasmesso dalla RAI nel 1972, s’intitolava “A come Andromeda”, ma oggigiorno, con maggior senso dell’attualità, dovremmo dire in chiave più politica “A come Anarchia”, attribuendo l’ipotetica regia del nuovo serial ad un gruppo eterogeneo ch’è riuscito a dare corpo allo spontaneismo rendendolo talmente minaccioso da proiettarlo all’apice della graduatoria delle emergenze nazionali.

Con il pericolo anarchico, purtroppo, siamo storicamente abituati a convivere fin dal 1800, tra regicidi, attentati dinamitardi ed uccisioni di presidenti che non hanno risparmiato nessun continente: anche Napoleone III..

ed il presidente statunitense William McKinley furono vittime della strategia anarchica. Il primo, il 14 gennaio 1858, a Parigi, uscì incolume da un attentato con bombe lanciate contro la carrozza – blindata – sulla quale viaggiava in rue Le Peletier. L’imperatrice Eugenia, ch’era in sua compagnia, si salvò anch’ella, ma perirono dodici persone ed altre centocinquantasei rimasero ferite.

Gli attentatori – Felice Orsini, Giovanni Andrea Pieri, Carlo Di Rudio ed Antonio Gomez – riuscirono a dileguarsi dalla scena del crimine, come si direbbe al giorno d’oggi, ma vennero arrestati poche ore dopo negli alberghi dove s’erano rifugiati. Il presidente americano, invece, il 06 settembre 1901, mentre visitava l’Esposizione Panamericana allestita presso il Temple of Music di Buffalo, stato di New York, fu raggiunto da colpi d’arma da fuoco esplosi da Leon Czolgosz e morì il successivo giorno 14.

Le cronache storiche sono ricche di episodi cruenti provocati da anarchici solitari che hanno dato sfogo al loro individualismo colpendo obiettivi umani e luoghi simbolo, così che per noi italiani risulta, forse, più facile ricordarci di Gaetano Bresci, che il 29 luglio 1900, a Monza, assassinò il re Umberto I per vendicare i morti della repressione del 1898 provocati a Milano dall’intervento del generale Bava Beccaris, oppure di Gianfranco Bertoli, che il 17 maggio 1973, durante la cerimonia commemorativa per il primo anniversario dell’uccisione del commissario di Polizia Luigi Calabresi, lanciò una bomba all’interno della questura di Milano, provocando la morte di quattro persone ed il ferimento d’una cinquantina.

Nella storia della violenza anarchica è possibile ritrovare una linea coerente che ha sempre valorizzato il gesto individuale, poiché proprio l’individualismo sembra costituire l’aspetto determinante in un ambiente caratterizzato d’assenza d’omogeneità ed uniformità, che è difficoltoso rappresentare come movimento politico o sociale uniforme ed organizzato. Quando si parla d’anarchismo è necessario ribadire la valenza della propaganda attraverso l’azione, ovverosia di forme di violenza politicamente motivate, secondo la logica di coloro che le attuano, che si rivolgono ad obiettivi simbolo verso i quali s’indirizza l’attenzione critica della gran massa sociale.

Solamente durante gli anni ’70 del 1900, in Italia s’è assistito ad un tentativo di strutturazione attraverso l’organizzazione clandestina Azione Rivoluzionaria, costituita verso la fine del decennio sul modello del “Movimento 2 giugno” tedesco ed imperniata su gruppi d’affinità che cooperavano in base alla reciproca fiducia. In quegli anni il fenomeno terroristico era estremamente sviluppato ed anche gli anarchici si presentarono sulla ribalta armata assimilando le modalità operative degli omologhi francesi di Action Directe.

Negli ultimi trenta anni, però, l’impegno anarchico non è scemato e mentre i movimenti giovanili di matrice marxista-leninista hanno evidenziato un calo progressivo, l’anarchismo ha conquistato sempre più terreno e s’è diffuso attraverso le forme espresse dai black bloc, oppure dall’Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica Insurrezionalista, nel sostegno all’ecoterrorismo ed all’opposizione alla realizzazione di infrastrutture giudicate di grande impatto ambientale, nelle molteplici declinazioni che si sono di volta in volta palesate con le sigle più svariate: Solidarietà Internazionale, Cooperativa Artigianale Fuoco ed Affini, Brigata 20 luglio, Anarchia e Provocazione, Federazione Anarchica Informale, fino al Nucleo Olga-Federazione Anarchica Informale-Fronte Rivoluzionario Internazionale, che ha rivendicato il ferimento dell’ingegnere Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare, avvenuto a Genova il 07 u.s.. In quest’ultimo caso, firma di rivendicazione e contenuto del documento mettono subito in risalto un’ulteriore saldatura operativa nell’asse che collega Grecia, Italia e Spagna, i tre paesi nei quali il fenomeno anarchico s’è maggiormente sviluppato e radicato nell’ultimo quindicennio, anche se poi la sinergia italo-greca è apparsa prevalente.

Di fronte a tale quadro di riferimento, l’attentato del 07 maggio non è giunto del tutto inaspettato, anche perché nell’ultimo periodo il clima sociale s’è arricchito di tensioni ed a qualcuno sembra maturo, come sostiene pure Giuseppe Davanzo dall’aula di tribunale dove viene giudicato per le vicende del Partito Comunista Politico Militare, per una nuova stagione aggressiva, che forse è stata anticipata proprio dal ferimento di Genova. Gli anarchici, infatti, lanciano apertamente una sfida con tanto di obiettivi menzionati e si può essere certi che cercheranno di coronare gli sforzi, come dichiarato anche dai vertici dell’AISI, che conosce le problematiche e monitora gli ambienti, probabilmente senza scagliarsi verso target oramai protetti, ma tentandone altri più raggiungibili. Oppure, avranno maturato esperienza ed abilità per portare l’attacco con altre tattiche che non prevedano l’impegno diretto, come ad esempio avviene con l’invio periodico di ordigni esplosivi camuffati, che in più d’una occasione hanno raggiunto lo scopo di ferire ed invalidare.

L’allarme, però, non giunge solamente dal fronte anarchico, certamente il più vitale ed effervescente, ma si colgono qua e la i segnali di un crescente scontento che potrebbe incanalarsi in forme di lotta purtroppo già sperimentate e che nell’esercizio della violenza individuano lo strumento più idoneo per dar voce alle proprie istanze. Pochi giorni dopo l’azione di Genova, quando ancora s’attendeva la rivendicazione ufficiale, è apparso un documento a firma GAP, sigla che ci riporta alla memoria il gruppo coordinato dall’editore terrorista Giangiacomo Feltrinelli, inizialmente accreditato come possibile elaborato degli attentatori e poi passato in secondo piano, attraverso il quale gli estensori hanno indicato un tracciato volto alla “organizzazione di un partito rivoluzionario che sappia anche orientare all’autodifesa del proletariato”. Dalla lettura del testo emerge un linguaggio povero e scarsamente politico, che, però, lascia percepire la necessità di talune aggregazioni d’orientamento marxista-leninista di ristabilire una supremazia strutturata del centralismo operaio, da sempre concepito dai rivoluzionari come fulcro del dibattito politico.

Le minacce future, quindi, potrebbero moltiplicarsi e di fronte all’anarchismo già in pista potremmo ritrovare piccoli gruppuscoli autoreferenziali pronti ad autoproclamarsi rappresentativi di schieramenti ben più ampi con i quali non hanno nemmeno avviato forme di dialogo. Le tensioni sociali effettivamente non scarseggiano ed appaiono destinate ad aumentare in ragione dell’aumento della crisi globale, che inevitabilmente scuoterà anime e coscienze politiche, non tutte capaci di reagire in modo razionale e collaborativo.

01 Giugno 2012

Maurizio CarboniVittorfranco Pisano

Docenti
Dipartimento di Scienze Informative per la Sicurezza
U.P. UNINTESS – Università Internazionale di Scienze Sociali

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Di Atlasorbis

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